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L’accordo a Gaza

 

 

Pubblicato da  In dies Info il 11 ottobre  2025

Giovanni De Sio Cesari  

www.giovannidesio.it

 

 

Finalmente a Gaza la guerra ( per alcuni la strage, per altri il genocidio) si è fermata; non possiamo che esserne tutti contenti.

 Il piano di Trump ha avuto un’approvazione quasi universale: innanzi tutto di tutti i governi arabi e islamici, dell'Europa, anche di Russia, Cina e degli altri paesi. Difficilmente nella storia si ricorda una tale unanimità: tuttavia è anche vero che i contendenti, Israele e Hamas, non lo avrebbero voluto e sono stati costretti ad accettare dai propri alleati o possibili alleati.

Si tratta solo di un accordo, in pratica una tregua e non di una pace. In esso viene presentata anche una prospettiva di pace ma essa appare lontana. I punti dell'accordo sono abbastanza vaghi, incerti, passibili di interpretazioni diverse e opposte. Non sappiamo allora se si tratta solo di una tregua, magari breve, o effettivamente di un cammino che porterà, in tempi certo non brevi, alla soluzione del conflitto arabo-israeliano che dura ormai da quasi 80 anni.

A nostro parere più che dai punti dell’accordo l’esito dipenderà dall’effetto che questi due terribili anni di guerra hanno prodotto nei due popoli coinvolti, soprattutto a Gaza.

Si tenga presente che i conflitti arabo-israeliani dal 1948 al 2023 avevano provocato un numero limitato di vittime rispetto agli altri conflitti mediorientali. Si valuta che nei 30 anni precedenti al 2023 si sono avuti 10 mila vittime palestinesi e 2 mila israeliane. Si pensi alla stima di 400 mila morti in 10 anni nel conflitto fra Arabia Saudita e Houthi, di cui poi nessuno si è curato né in Occidente né nel M.O.

Difficile però prevedere gli effetti, tanto in Israele che a Gaza.

In Israele

Si tratta di un paese che è una democrazia parlamentare sul modello occidentale e quindi è abbastanza agevole rendersi conto di cosa pensano i cittadini semplicemente osservando l’esito delle elezioni. Va notato che il sistema elettorale è proporzionale (come in Italia) e ci sono una miriade di partiti che poi talvolta si uniscono per le elezioni.

Tuttavia possiamo considerare in questo caso solo l'atteggiamento che hanno verso i rapporti con i palestinesi.

Vediamo i risultati delle ultime elezioni del 2022.

I partiti che noi definiamo come destra messianica (ultra ortodossi) ammontavano all’incirca al 23 %. Per essi tutta la Palestina appartiene agli ebrei per la volontà divina (terra promessa) e lasciarne ad altri solo un lembo sarebbe sacrilego.

Si tratta di gruppi che appaiono proprio la copia degli estremisti islamici, pure essi ossessionati dal sesso (le donne devono avere uno spazio a parte nei mezzi di trasporto), dall’idea di essere i prediletti di dio, che un giorno saranno essi a guidare il mondo intero.

Alcuni dicono che Israele da cultura europea sta diventando un paese del medio oriente. Non saprei, in fondo la maggioranza continua a mantenere una mentalità occidentale.

Il partito di destra ma laico (Likud) era intorno al 23 %: è contrario ai due Stati non per motivi religiosi ma perché teme che accadrebbe quanto già avvenuto a Gaza: una volta ritirati gli israeliani è diventata una base di attacco continuo a Israele, tutta tesa al sogno di annientarla. È però di cultura occidentale, ad esempio Netanyahu, di origine polacca, ha studiato e vissuto a lungo in America.

I partiti di centro e sinistra raggiunsero il 38 % (a cui si potrebbe aggiungere il circa 5 % delle liste arabe) che sono più aperti a un accomodamento con i palestinesi.

Quale influenza ha avuto il conflitto di Gaza? L'isolamento in cui a un certo punto si sono trovati gli israeliani potrebbe spingerli a una maggiore flessibilità, a respingere certi eccessi. In fondo Israele può sopravvivere solo con l’aiuto americano.

Ma potrebbe pure accadere che le vicende di questi due anni spingano il paese verso una posizione ancora più dura e intransigente: si affermi l’idea del NOI O LORO: possiamo cioè sopravvivere solo o noi o loro. Quindi se non vogliamo una seconda Shoah resta solo l'annessione del resto della Palestina con la pulizia etnica o peggio.

A Gaza

L’Occidente in genere considera HAMAS un gruppo di terroristi come le Brigate Rosse: ma le Brigate Rosse non avevano alcun seguito, alcun potere, era solo un gruppetto di esaltati che si illudeva di iniziare una rivoluzione: se mai si fossero presentate alle elezioni non avrebbero nemmeno raggiunto il minimo per avere una rappresentanza.

Invece HAMAS governa da tanti anni Gaza in modo incontrastato, è sostenuta senza riserva dalla popolazione che li ha applauditi come eroi per il 7 ottobre.

HAMAS rappresenta Gaza, è Gaza, e non solo, ma rappresenta pure una notevole parte del mondo arabo che vede la distruzione di Israele come la premessa della rinascita islamica.

È lo stesso rapporto del nazismo con la Germania degli anni '40: infatti l'esercito tedesco combatte con un accanimento eccezionale.

In queste terribili condizioni la popolazione di Gaza non si è affatto ribellata ad HAMAS: avrebbero potuto facilmente cacciarli fuori, così come HAMAS avrebbe potuto fermare tutta la strage semplicemente ritirandosi da Gaza, non occorreva nemmeno arrendersi.

Non si tratta di combattere HAMAS ma tutta una mentalità che ritiene quella guerra la lotta dei credenti contro i miscredenti, cioè del bene contro il male, della lotta ai grandi satana e ai piccoli satana.

Al contrario di Israele non sappiamo molto di quello che pensano realmente i palestinesi e soprattutto quelli di Gaza. In realtà in questi due anni noi abbiamo avuto un mare sconfinato di immagini di rovine e morte e di questo non si può dubitare ma non sappiamo nulla di preciso di quello che è avvenuto a Gaza.

Il numero dei morti è quello comunicato da HAMAS che però non ci ha fornito quanti di essi erano militanti di HAMAS (assimilabili ai soldati) e quanti i civili. Se noi consideriamo le immense distruzioni il numero dei caduti forniti da HAMAS è limitato. Ad esempio, consideriamo che nel bombardamento di Tokyo del 1945 morirono in un solo attacco aereo 75 mila civili (in genere arsi vivi), più di quanti provocati in due anni che hanno raso al suolo l’intera Gaza.

Soprattutto non sappiamo quello che ora ci interessa per prevedere l’evoluzione della situazione: che effetti ha avuto questo orrore sulla popolazione?

Potrebbe essere che comunque i gazawi continuino a sostenere HAMAS come hanno fatto negli ultimi 20 anni e che anzi, come generalmente si dice, l’odio e la voglia di distruggere Israele sia ancora cresciuta per le prossime generazioni.

Ma potrebbe anche accadere quello che avvenne nel 1945: di fronte alle immani distruzioni subite le follie nazionaliste giapponesi e tedesche si sono spente, e definitivamente.

Forse anche i gazawi si saranno convinti di quello che a tutti gli altri è chiaro: cercare di distruggere Israele porta solo a catastrofi (Nakba, come dicono) e che Dio onnipotente e misericordioso non li aiuta affatto.

Un punto essenziale è che gli americani offrirono una pace generosa. Israele farà mai una cosa del genere?

 Purtroppo non credo.