Famiglia e Comunità
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Pubblicato da IL RIFLETTERE organo della AIAC .CLI

In Occidente, la famiglia appare in crisi, e non da poco tempo. Una certa corrente culturale ritiene però che questo non sia un male, ma un'evoluzione dei tempi che porta a una maggiore libertà. Le funzioni della famiglia, cioè, sarebbero assunte più efficacemente dalla comunità, o meglio, dalle comunità che affollano la società moderna. La scuola provvede all'istruzione, le strutture sanitarie si occupano di curare la salute, una miriade di organizzazioni di ogni genere – da quelle sportive a quelle degli scacchi – soddisfano gli interessi di tutti e di ognuno. Vi è poi lo sviluppo abnorme dell'informatica, per cui si trova tutto on-line.
La famiglia pare quindi quasi svuotata dai suoi compiti tradizionali che, si dice, si fondavano sull'autorità e su ruoli rigidi: insomma, sulla mancanza di libertà. Esaminiamo allora un po' il problema.
Innanzitutto, noterei un fatto che spesso sfugge alla comune conoscenza. Storicamente, istituti e organizzazioni che si occupano dei bambini (e degli adulti) sono sempre esistiti, non sono certo una novità dei tempi moderni. Anzi, gli storici ci spiegano che nel passato la vita si svolgeva al di fuori della famiglia molto più che nel presente. Ad esempio, i bambini del popolo venivano spesso allocati presso maestri di mestieri e nelle famiglie agiate i ragazzi presto andavano in collegi (le ragazze presso conventi) in misura e per un tempo per noi inconcepibile. Andare a scuola o imparare un mestiere vivendo ancora in famiglia è una novità dei nostri tempi. Contrariamente a quello che si pensa comunemente, nel passato lo spazio dato alla famiglia era incomparabilmente minore di quello di oggi.
Quello che muta è che il nostro livello di vita è incomparabilmente più elevato, per cui tutto presenta un'ampia possibilità di scelta prima impensabile. Tuttavia, tutto questo non implicava minore importanza della famiglia, diciamo, la crisi della famiglia di oggi. In realtà, il ruolo della famiglia non è in alternativa a quello della comunità: l'educazione non è l'opera di un singolo uomo sull'uomo (del genitore o maestro sul figlio e sull'alunno), ma tutta la comunità educa, trasmette quella che noi diciamo cultura in senso sociologico. Se noi ora aborriamo la guerra mentre i nostri nonni da balilla sognavano la guerra, è perché è cambiata la cultura non della singola famiglia a cui apparteniamo, ma perché tutta la società è cambiata.
Il ruolo della famiglia è fondamentalmente l'amore. Nessun sentimento umano è paragonabile a quello di una mamma che stringe al petto il proprio figlio. È un sentimento naturale al di sopra di ogni altro. Se vediamo che una mamma fa del male al proprio figlio, la consideriamo fuori di testa, una folle, perché questo è il sentimento naturale più forte e incondizionato. Anche i padri pensano e provvedono soprattutto ai propri figli, anche se in questo caso le eccezioni, purtroppo, ci sono pure. Insomma, la famiglia è una società naturale che si fonda sull'amore naturale e incondizionato.
Non è nemmeno vero poi che le comunità diano più libertà delle famiglie. In genere hanno delle regole più rigide: non vi è certo più libertà a scuola che in famiglia. Certo, vi possono essere delle tensioni fra genitori e figli; anzi, nell'adolescenza sono del tutto naturali: l'adolescente deve formarsi una propria personalità che è diversa da quella dei genitori e quindi in qualche modo il conflitto diventa naturale, inevitabile, direi necessario alla formazione. Esistono poi le incomprensioni, per cui il bene e il male possono essere intesi diversamente dai genitori e dai figli, da cui inevitabilmente nasce il conflitto.
Tuttavia, quello di cui non si può dubitare è l'amore vero e profondo, spesso eroico, che lega la famiglia. Nelle altre istituzioni e comunità, da quella scolastica a quelle sportive, nulla ci assicura un legame così forte. Insomma, una maestra può anche voler bene ai suoi alunni, ma non è quello assoluto e incondizionato che ha però la madre per quel bambino unico che è suo figlio.
In realtà, anche nella società moderna questo principio viene riconosciuto: un tempo i bambini senza genitori venivano affidati agli orfanotrofi, ma attualmente si preferiscono sempre le cosiddette case famiglia che hanno almeno i caratteri propri e unici della famiglia, riconoscendo quindi la superiorità educativa ed affettiva della famiglia rispetto alla comunità.
Purtroppo, la crisi della famiglia, dei divorzi, delle unioni temporanee attenua la coscienza della sua funzione fondamentale che è quella della continuazione della vita, non solo materialmente ma anche culturalmente. Non è venuto meno il desiderio di avere figli, che è sempre presente fortissimo, ma l'organizzazione familiare rende sempre più difficile e complicato il ruolo di genitori. La famiglia considerata come una libera e temporanea unione entra in conflitto con la natalità. Il risultato è la diminuzione della natalità sotto la soglia del mantenimento del numero. Il problema è che se noi non riusciremo a invertire questo andamento demografico, la nostra civiltà sarà spazzata via e sostituita da altri popoli con una cultura più favorevole alla famiglia, direi più conforme alla natura.