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Palestina: la soluzione dei due stati

 

 

Pubblicato da  In dies Info il 2 settembre 2025

Giovanni De Sio Cesari  

www.giovannidesio.it

 

 

 

Il problema

La vita di Israele è ormai da 80 anni caratterizzata da un conflitto continuo, irriducibile, che a volte rimane sottotono e a volte invece esplode clamorosamente. In genere però le vittime sono state limitate e si stima che nei 30 anni precedenti al 2023 le vittime palestinesi siano state intorno alle 10 mila e quelle ebree sulle 2 mila. Ma dopo il 7 ottobre il conflitto ha assunto proporzioni ben più drammatiche con la morte forse di 100 mila persone e con l'impressionante distruzione di tutta la Striscia di Gaza, che pare sarà sta per essere completata con l'attacco al centro di Gaza.

Eppure a noi occidentali pare del tutto ovvia e inevitabile la soluzione dei due stati, ma essa pare sempre più allontanarsi e con la decisione del nuovo insediamento in Cisgiordania sembra tramontare del tutto.

In Occidente quelli che pensano alla distruzione di Israele (Palestina libera dal fiume al mare) sono una minuscola minoranza, i soliti gruppuscoli extraparlamentari con nessuna influenza politica. La maggioranza invece vorrebbe una politica più contenuta di Israele che favorirebbe la formazione dei due stati.

In realtà anche il mondo arabo, o meglio i governi arabi, sarebbe favorevole alla soluzione dei due stati e  non appoggiano Hamas. Solo l'Iran e i suoi proxy sono entrati veramente nel conflitto, senza però raggiungere alcun risultato se non quello di peggiorare e rendere ancora più tragica la situazione di Gaza.

D’altra parte, si può veramente pensare che Hezbollah e gli Houthi possano occupare Tel Aviv e Haifa?

La difficoltà di raggiungere la soluzione dei due stati, che tutti desiderano, nasce dalla percezione che si ha di Israele.

Cosa è lo stato di Israele?

La risposta dipende ovviamente da diversi punti di vista che noi qui schematizziamo in quattro visioni (in realtà sono numerosissime): ebrei laici, ebrei ortodossi, espressione del colonialismo, nemico dei credenti (islamici).

 

Per gli ebrei laici

Il progetto di un focolare ebraico fu proposto da Theodor Herzl in seguito ai sanguinosi pogrom, rivolte popolari più o meno fomentate dalla polizia segreta zarista (Ochrana) che, pare, preparasse anche il famoso libro "I protocolli dei Savi di Sion".

Tuttavia, accanto a esso si poneva anche un altro problema, quello dell'identità. In età positivista, l'importanza come identità nazionale della religione venne quasi ad annullarsi, e quindi la religione che era l’’elemento che distingueva gli ebrei dai popoli presso cui vivevano perdeva rilevanza: tutti gli ebrei che hanno avuto una grande importanza nella nostra storia non erano affatto religiosi, basta pensare a Marx, Freud e Einstein. I matrimoni misti andavano generalizzandosi e, quindi, gli ebrei tendevano inevitabilmente a perdere la loro identità. Si pensò allora a un focolare ebraico in Palestina anche proprio per conservarne l'individualità in un periodo in cui fiorivano i nazionalismi.

Il rischio era che gli ebrei si sarebbero assimilati ai popoli presso i quali vivevano — come in effetti avveniva e avviene: tante personalità importanti (da Mieli  a Zelensky) sono di origine ebraica ma non si distinguono in niente dai rispettivi popoli.

L'identità ebraica però è rinata con le assurde persecuzioni naziste, che portarono alla Shoah e quindi prese piede tra gli ebrei l’idea che non dovessero più dipendere dalla buona volontà o dalla tolleranza degli altri, ma dovessero essere in grado di difendersi da soli (non solo pregare, ma difendersi: è reso bene nel film Exodus). Quindi il focolare ebraico è nato per evitare l'integrazione, ma poi si è ravvivato e affermato per le ragioni opposte: per l'inconcepibile Shoah.

Attualmente i cittadini israeliani, in grande maggioranza, sono non credenti o laici anche se di tradizioni ebraiche e vedono lo stato di Israele come l'unico vero presidio, l’unica sicurezza per la loro sopravvivenza, per il proprio mondo. Non sarebbero contrari alla soluzione dei due stati, ma soprattutto temono che gli arabi accettino i due stati solo come un espediente per rinnovare la loro guerra, temono che la Cisgiordania, una volta che essi si siano ritirati, diventi come Gaza, che l’ANP (che ha già scarso seguito) sia travolta e sostituita da fanatici fondamentalisti come Hamas.

 

Per gli ebrei ortodossi

Parallelamente al fondamentalismo islamico, è cresciuto in Israele un fondamentalismo ebraico (Haredim) che ritiene che tutta la Palestina storica sia stata data da Dio agli israeliti e quindi vedono la questione da un punto di vista religioso.

Forse sono intorno al 10%, e hanno caratteri molto simili a quelli di Hamas: sono quegli ebrei che vogliono che sui bus e negli ascensori le donne siano separate dagli uomini, quelli che hanno due frigoriferi, uno per il burro e uno per la carne, perché da qualche parte nella Bibbia si dice che i due alimenti non si debbono mischiare, quelli che non accendono nemmeno la luce il sabato.

Si considerano quindi il popolo eletto e pensano che tutte le genti saranno benedette attraverso i figli di Israele che assumerebbero quindi la guida del mondo intero. Da questo punto di vista allora tutta la Palestina per volontà divina deve appartenere agli israeliti e cederne anche solo un lembo sarebbe sacrilego. In realtà, da un punto di vista pratico, gli israeliani non hanno alcun bisogno di occupare tutta la Palestina: le colonie  in genere, sono nate da fanatici religiosi.

 

Per la sinistra radicale

Negli anni '70 del secolo scorso ebbe grande successo in Occidente l'idea che Israele fosse l’avamposto del colonialismo, creato appositamente per sostenerlo. L'idea poi fu condivisa  nella OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) di cui era leader Arafat e composta da varie e spesso contrastanti correnti.

La OLP ebbe quindi l’appoggio di tutto il mondo della sinistra, prima comunista e poi extraparlamentare, e in qualche modo della sinistra in generale, e ancora oggi rimane un atteggiamento ostile a Israele, anche se si accettano i due stati.

Tuttavia l'idea  di Israele come strumento del colonialismo appare del tutto priva di fondamento. Sembra infatti evidente che sostenere Israele non aiuta certo nei rapporti con gli arabi e il mondo islamico e con il mondo ex-coloniale; anzi, è un grosso problema per l’Occidente.

Il fatto che l’Occidente appoggi Israele non significa necessariamente che sia conveniente: esso dipende da altri fattori, come la memoria della Shoah e, soprattutto negli Stati Uniti, da una certa mentalità anche di ispirazione religiosa radicale.

 Israele è stato per decenni un grande ostacolo ai rapporti con il mondo arabo. Si ricordano le domeniche a piedi (per la crisi petrolifera degli anni '70): la tensione tra Israele e i Paesi arabi ricadeva direttamente anche sull’Occidente.

Ma come si fa a pensare di controllare il Medio Oriente attraverso Israele?. Non per niente gli inglesi cercarono in ogni modo di fermare gli ebrei. La presenza di Israele in Medio Oriente costituisce un ostacolo gravissimo per gli Occidentali: tutti i fondamentalisti (come Bin Laden) e i nemici dell’Occidente (Nasser, la Russia comunista) mettono in primo piano la guerra a Israele come bandiera unificante del Medio Oriente contro l’America.

 

Per gli integralisti islamici

Nel 1979 la rivoluzione khomeinista mostrò allo stupito Occidente, che riteneva ormai il mondo arabo orientato al laicismo sul modello occidentale, che l'integralismo islamico (fanatismo religioso per noi) era ancora vivo e forte fra le masse islamiche. L'integralismo infatti si diffuse dall’Iran sciita un po' dovunque e l'Occidente se ne accorse solo con l’attacco alle Torri Gemelle. Poi tante altre insurrezioni fino alla formazione dell’emirato islamico (che noi chiamiamo ISIS) con l'aspirazione di riunire nuovamente tutto il mondo islamico come ai tempi dei primi califfi (successori) di Maometto, i Rashidun (ben guidati) considerata l'epoca d'oro, il VERO Islam che si vorrebbe far risorgere.

In questo nuovo contesto culturale la lotta che ai tempi dell'OLP aveva carattere laico si trasformò rapidamente per gli arabi in una guerra religiosa. Il punto è che per noi occidentali Israele occupa solo una piccola striscia di territorio, una parte della Palestina e quindi ci sembra ovvio che la soluzione sia quella dei due stati. Ma per gli islamici radicali non si tratta solo di riconquistare una striscia di territorio, ma di una lotta fra il bene e il male, dei credenti contro il grande e i piccoli satana.

 Questo è il punto essenziale che in genere in Occidente non è compreso.

Non è quindi solo una guerra dei palestinesi per liberare la loro terra dagli invasori sionisti ma di un grande scontro di civiltà, diremmo noi, addirittura del bene contro il male. Il bene è rappresentato dai fedeli della vera religione, mentre il male è soprattutto rappresentato dagli americani (e dagli occidentali in generale), uomini senza Dio, corrotti e decadenti che presto saranno spazzati via dalla storia, se Dio vuole (insh'Allah). Gli israeliani sono solo dei servi dell’America, strumentalizzati per aggredire l’islam.

Ci si richiama quindi alla dottrina khomeinista del grande Satana, l’America, e dei piccoli satani, cioè tutti coloro che sono nemici dell’islam, che sono spesso anche i governi moderati e nazionalisti. È una sorta di scontro metafisico, escatologico dai toni apocalittici. Quindi, il nemico da abbattere non è tanto Israele, ma l’America (e tutto l’Occidente). Per essi quindi quelli che hanno compiuto la terribile strage del 7 ottobre sono degli eroi che avranno il giusto compenso da Dio, cioè il paradiso nel quale non ci sono gli infedeli (americani e sionisti) cosi come  poi tutti quelli che moriranno in questo grande scontro metafisico come shaid (testimoni della fede).

In questo clima quindi è stata elaborata la teoria del Waqf, già richiamata da Bin Laden. Waqf significa deposito, termine usato dalle banche per indicare un deposito che essa può amministrare ma che non appartiene alla banca. Ora la Palestina, terra sacra dalla quale Maometto è asceso al cielo, è stata affidata, NON donata, da Dio ai musulmani fino al giorno del giudizio. I credenti, anche se volessero, non potrebbero cedere ciò che non appartiene loro. Vero è che spesso si citano documenti nei quali Hamas pare orientata a un certo riconoscimento di Israele: ma si tratta solo di documenti messi in discussione, mai approvati e comunque che restano nel vago e nell'ambiguità.

Ma al di là di tutti i documenti e i discorsi è del tutto chiaro e indubitabile che la strage del 7 ottobre non mirava certo a conseguire la soluzione dei due stati ma a mettere da parte ogni riconoscimento di Israele (e quindi dei due stati) in seguito agli accordi di Abramo. Il fine è sempre e comunque la distruzione di Israele, avamposto degli infedeli e del male.

In realtà tutti i regimi arabi e le élites hanno abbandonato la lotta contro Israele, non si occupano dei palestinesi di cui ci preoccupiamo soprattutto noi europei, però nelle masse arabe serpeggia e si mantiene un movimento molto forte orientato all’integralismo e quindi a considerare Israele come il primo nemico da abbattere. Il fatto che quelli di Hamas vogliano distruggere Israele e non due stati è cosa incontestabile e chiara a chiunque abbia una minima idea della questione palestinese. In conclusione, per la visione integralista dell'Islam, Israele è il simbolo del male da abbattere.

 

Conclusione

In conclusione abbiamo quindi schematicamente 4 risposte alla domanda di cosa sia Israele: