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Democrazia e benessere
Pubblicato da : res publica : quaderni europei giugno 2025

Io mi sento estremamente fortunato a essere nato nell’Occidente della libertà e
della democrazia, senza alcun dubbio sostengo l’importanza dei diritti, delle
libertà e ritengo che la democrazia, malgrado i suoi molti difetti, sia comunque
il migliore dei regimi politici, non dico possibili ma che fino ad ora si sono
realizzati.
Tutto vero, però mi rendo pure conto che questi principi mi sono stati trasmessi
dalla cultura nella quale io sono nato, educato, vissuto tutta la mia vita.
Vedo però che non tutta l’umanità condivide queste mie convinzioni: infatti, la
maggioranza degli esseri umani non solo non vive in una democrazia, ma spesso
nemmeno la desidera.
La democrazia non funziona per tutti i popoli e tutto dipende da un insieme
complesso di fattori.
Direi che la democrazia pare funzionare quando c’è un buon livello di cultura,
civiltà e, soprattutto, benessere.
Nemmeno si può affermare che la democrazia sia il bene assoluto e tutto il resto
sia il male: dipende da molti fattori.
Soprattutto constato che la democrazia è possibile quando essa viene accettata
dalla grande maggioranza della popolazione, e nella maggior parte del mondo non
esiste questa convinzione, e quindi non è possibile la democrazia, né la si può
imporre.
Si è tentato in questo secolo di imporre (esportare) la democrazia, come in
Afghanistan e Iraq, ma questi esperimenti sono tristemente falliti perché non è
stata accettata dalla maggioranza di quei popoli.
La domanda che allora mi pongo è: perché mai queste convinzioni che a noi
occidentali paiono così ovvie non si diffondono in tutto il mondo, non diventano
universali?
Certo, è una questione di cultura, di mentalità, di civiltà, direbbero alcuni.
Tutto vero, però a mio parere il motivo essenziale è un altro: i sistemi
politici vengono giudicati in base al benessere, o al malessere, che producono.
Bisogna pure riconoscere che ognuno di noi è interessato a trovare un buon
lavoro, un buon coniuge, una strada per i figli, molto più che alla libertà di
pensiero e alle libere elezioni.
Ciò che conta veramente è il benessere inteso in senso ampio, non solo come
disponibilità economica ma anche come sicurezza, provvidenze (pensioni,
assistenza sanitaria e sussidi ecc.).
Dobbiamo riconoscere quindi che il benessere conta più della democrazia; che la
democrazia ha anche molti difetti; che, in fondo, la gente che apprezza
veramente la libertà è solo una minoranza. La partecipazione al voto, infatti,
sembra diminuire sempre di più: una diminuzione di interesse alla politica e al
votare.
La gente giudica un sistema politico dal benessere che produce.
La democrazia ha successo nella misura in cui essa porta — o si ritiene che
porti — al benessere.
In Cina, il benessere è stato portato da una dittatura. Visitando un po’ la Cina
ho visto progressi incredibili: in qualche decennio è passata da una sconfinata
periferia di casupole a una foresta di grattacieli. Mi sembra impossibile negare
il progresso del popolo cinese in questi decenni.
Eppure, in Cina non vi è democrazia, e l’idea che il progresso avrebbe portato
automaticamente alla democrazia si è rivelata del tutto errata.
Non saprei poi dire se la democrazia sia la causa o l’effetto del nostro
benessere. Le nazioni occidentali sono più prospere perché democratiche, o sono
democratiche perché più prospere
Se guardiamo al
passato del secolo scorso dobbiamo pur renderci conto che la democrazia ha
trionfato sui fascismi e sui comunismi in Occidente perché ha portato al
benessere.
In Italia la democrazia si è affermata perché ha portato al miracolo economico.
Il fascismo è crollato non perché la gente desiderasse la libertà, ma perché ha
condotto ai disastri senza precedenti della guerra.
La fine del
comunismo è stata decretata dal fatto che non è riuscito a raggiungere i livelli
di benessere delle società occidentali.
E così possiamo continuare nella storia:
la Rivoluzione francese non fu sostenuta dai francesi per le libertà (che, tra
l’altro, non ci furono nemmeno, anzi), ma perché abolì il feudalesimo, dando la
terra ai contadini che la desideravano da sempre, elevando il loro tenore di
vita.
Allo stesso modo, i cafoni meridionali aderirono all’esercito della Santa Fede e
rovesciarono la Repubblica Partenopea perché si resero conto che non portava
miglioramenti alle loro condizioni, ma favoriva solo i ricchi.
Analogamente, dopo l’unità ci fu l’ostilità delle folle povere di contadini
(cafoni) fino al brigantaggio perché il nuovo stato di cose non portò al
miglioramento delle loro misere condizioni, ma fu l’affare della borghesia:
d’altra parte, come mai poteva un povero contadino analfabeta partecipare alle
libertà e alla politica? Fra l’altro, non aveva nemmeno il diritto di votare e
tanto meno la possibilità di essere votato. La democrazia e la libertà erano
l’affermarsi degli interessi della borghesia, che infatti vi aderì con
entusiasmo.