NOVA DILUCIDATIO

In ordine al nostro assunto, la prima opera Kantiana  a cui accenniamo, seguendo l'ordine temporale della loro composizione è ' "PRINCIPIORUM PRIMORUM COGNITIONIS METAFISICAE  NOVA DILUCIDATIO".
Essa fu redatta nel 1755 per motivi di ordine accademico per conseguire, cioè , quaIcosa di simile a quella che noi diremmo " Libera docenza, cosa di non certo poca importanza, data la situazione economica non certo brillante di questo periodo della sua vita.
Pertanto a non pochi critici, l'opera è sembrata forzata, imposta, come imposta appare la lingua latina che generalmente Kant non predilige.
La forma venne giudicata incerta e perfino il suo latino sembra claudicante al TONELLI ( l), ma in genere si ritiene che i temi siano trattati confusamente, che le soluzioni talvolta appaiono equivoche.
Con tutti i limiti, che certamente non sarebbe il caso in questa sede di esaminare, tuttavia l'opera riveste un indubbio interesse, al fine della nostra trattazione, perché mostra il primo porsi dell' interesse, sempre fondamentale in Kant, per la filosofia, la sua prima opera che affronta i problemi ontologici e non più quelli naturali.
L'interesse fondamentale dell'opera a noi pare che risieda nel riconoscimento che il principio di idendita' non può essere appIicato in metafisica e che la ragion determinante non deriva dalla identità.


Ma esaminiamo brevemente il contenuto dell''opera.
Nel MONITUM avverte che non tirera' fuori "quaecunque in scriniis philosophorum'. (qualunque cosa si trovi nelle casse dei filosofi)" se bastano "pervulgata cognitione stabilitas e rectae rationi consonas habemus definitiones et axiomata"(2)  (assiomi e definizioni che consideriamo stabilite nell'uso corrente e consone alla retta ragione): pare già delinearsi il programma, poi maturato, della dimostrazione della impossibilità di una scienza tutta analitica e la sua fondazione su principi trascendentali.
Nella 1^ sezione si dimostra la impossibilità che tutto si possa dedurre da una unica proposizione: "Veritatum omnium non datur principium unicum, absolute primum catholicon" (3) (non c'e' un principio unico,assolutamente primo universale di tutte le verità). Se esso infatti fosse positivo, non potrebbe essere la base dei principi negativi, e al contrario se fosse negativo,non potrebbe reggere le proposizioni positive.
L'argomentazione ci pare puramente scolastica: non è il caso di approfondire la fondatezza della dimostrazione, ma di notare ancora il percorso Kantiano dell' impossibilita' della deduzione puramente analitica. Come osserva il Tonelli, "insomma la logica formale che sul principio di idendita' si fonda e' , secondo Kant ,  una nobile curiosità teoretica, perfettamente priva di applicazioni in metafisica, in quanto che ciascuno e' capace di riconoscere immediatamente e senza insegnamento le implicazioni identiche di una certa posizione: inoltre non e' detto che in tal modo, cioè con tale infecondo sviluppo tautologico ,si avanzi nel possesso della verità". (4)
La 2^ Sezione è la più vasta e ha, come punto focale, la ragione determinante (sostanzialmente coincidente con quella che Leibniz chiamava ragione sufficiente).
Si afferma che" Nihil est verun sine ratione determinate (proposizione V) e che "Esistentiae suae rationem aliquid  habere in se ipso, absonum est (5) (e' assurdo che qualcosa abbia in se stesso la ragione del proprio essere), ma poi si precisa che ciò vale solo per gli esseri contingenti, mentre "Datur ens,cuius esistentia praevertit ipsam et ipsius et omnium rerum  possibilitatem , quod ideo absolute necessario existere dicitur. Vocatur deus (6) (Si dà un ente la cui esistenza antecede la possibilità stessa di questo medesimo ente e di tutte le cose e che pertanto si dice esistere in maniera assolutamente necessaria); viene chiamato Dio (proposizione VII). Da una parte pare negare che la esistenza possa essere ricavata dall' essenza, dal concetto, ma parimenti ammette il tradizionale principio dell'autosufficienza di Dio.
Si dimostra, quindi, che ogni cosa deve avere una ragione determinante "nihil contingenter exsistens potest carere ratione aexistentiam antecedenter determinante (nulla che esiste in maniera contingente può prescindere da una ragione che ne determini anteriormente l'esistenza"( proposizione VIII).
Le argomentazioni appaiono prettamente scolastiche,  razionaliste.
Va notato su questo piano inoltre, che fra i corollari della Proposizione  X, troviamo "quantitas realitatis absolute in mundo non mutatur nec augescendo nec decrescendo (8)  (La quantita di realtà assoluta nel mondo non muta né crescendo, nè diminuendo). Viene dimostrato cioè, a partire dal principio di ragion determinate,la confusione fra principio metafisico e principio scientifico che è ancora chiaramente mantenuta.  Viene però negato il principio leibniziano degli indiscernibili "rerum totius universitatis nullam alii per omnia esser similem" (non si dà alcuna cosa nell'universo intero simile  per tutto a un' altra) e che ogni ente debba avere un effetto (nihil esse sine rationato quodcumque est sui abere consqeuentiam'. (9) (non vi e' nulla senza razionato ossia ciò che comunque esiste ha una conseguenza).
Nella sezione 3^ afferma due principi:
1) "nulla substant is accidere potest nutatio, nisi quatenus cum aliis connexae sunt, quarum dependentia reciproca mutuam status mutationem terminant" (10) (nessun mutamento può avvenire nelle sostanze se non per quanto sono in connessione con le altre:e' proprio questa dipendenza reciproca a determinare una mutua  mutazione di stato.

 2)"Substantiae finitae per solam ipsarum exsistentia nullis se relatationibus respiciunt, nulloque pIane commercio continetur nisi quatenus a communi esistentiae suae principio,divino nempe intellectu mutuis resectibus conformatae sustinetur" (11)  (le sostanze finite  non hanno, in base alla mera loro esistenza, nessuna relazione tra loro e non apparterebbero assolutamente ad alcun sistema di scambio se non fossero sostenute da un principio comune di esistenza ,cioè l'intelletto divino in modo da essere conformate a relazioni reciproche).
Si afferma cioè, da una parte che i rapporti fra le cose avvengono perché  vi è una reIazione fra di esse e che d'altra parte, non vi sarebbero relazioni se le cose non derivassero da un unico ente: respinge quindi l' occasionalismo metafisico, l'armonia prestabilita, ma d' altra parte la causa ultima dei rapporti fra le cose, viene fatta risaIire a Dio.

Secondo Rovighi, "Kant resta essenzialmente un Leibniziano, anche Leibiz fondava in Dio i rapporti fra le monadi e sopra tutto Kamt è leibniziano nella dottrina dello spazio e del tempo. . . . . Newton , continua ad essere in penombra". ( 12)
Notiamo che, in seguito invece, la sua concezione sarà intesa  come giustificatrice della scienza newtoniana.

Come nota Herman-J de Vleeschauwer : "Secondo Leibniz lo spazio è l'effetto delle cose, per Newton invece è presupposto delle cose. E' errato  pensare che Kant segua Leibniz in questo periodo in  quanto professa anche lui la relatività dello spazio.  In effetti ancora qui adotta una teoria intermedia: segue Leibniz nella relatività dello spazio come ordine realizzato nello spazio ma nondimeno, si avvicina a  Newton negando che questo ordine sia effetto della pura esistenza . Lo spazio è quindi l'effetto delle leggi dinamiche della  natura". ( 13)
Ci vorrà ancora una lunga strada perché Kant traduca,in termini filosofici, la rivoluzione scientifica da Newton: ma il cammino ormai è iniziato; Kant lo percorrerà non senza involuzione ma fino in fondo.

Come osserva acutamente Vanni Rovighi,  se le soluzioni della Diliucidatio  appaiono confuse, "questo giudizio è  forse il risultato di una confusione latente in noi stessi che nell'affrontare questo periodo lo valutiamo, quasi senza saperlo,  alla luce delle soluzioni che sono state date più tardi agli stessi problemi. Se ci fosse possibile dimenticare tutto quanto Kant ha scritto dopo il 1770 la Delucidatio ci apparirebbe indubbiamente non contraddittoria,  come spesso si pretende.(14)

A noi pero pare che la lettura delle opere, del periodo precritico, vada fatta proprio in funzione del periodo critico,per cogliere in esse gli aspetti, quei concetti base che mettano in luce il formarsi del periodo critico e quindi gettino maggiore luce sul pensiero critico stesso.
Ed è ovvio che se la produzione Kantiana si fosse interrotta nel 1770 noi  ora non saremmo qui a occuparcene.

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(1) Tonelli G.,Elementi  metodologici e metafisici in Kant dal 1745 al 1768, edizioni di Filosofia.,Torino, 1959,pag. 127

 (2)Kant Principiorum primorum cognitionis matasfysicae  nova dilucidatio,1755 in scritti precritici a cura di Carabellese cognitionis metaphysicae nova. dilucidatio, 1755 -1953 pag. 4

 (3)lbidem pag. 5 

(4) op.cit. pag. 14 

(5) ibidem pag. 5

(6) ibidem pag. 17 

(7) ibidem pag. 32 

(8) ibidem pag. 35

(9) ibidem pag. 5 

(10) ibidem pag. 38 

(11) Ibidem pag. 42

(12) Vanni Rovighi :Introduzione allo studio di Kant, La  scuola Editrice, Brescia ,1968, pag. 53

(13) Herman-J de Vleeschauwer, L'evoluzione del pensiero di Kant, Laterza,1976 pag. 28

(14) ibidem pag. 61