•  Pubblicato in Italianotizie   04/11/19 Home  

     

    Disordini in Medio Oriente

     

    Giovanni De Sio Cesari  

     

     L’attenzione dei media mondiali per quanto riguarda il Medio Oriente è tutta rivolta alla uccisione dell’autoproclamato califfo di cui, per altro, nulla sappiamo di certo e che comunque ha scarso impatto sullo svolgimento degli avvenimenti  in quella zona tanto turbolenta.  Modesto rilievo viene invece riservato ai disordini popolari, davvero imponenti, che si manifestano in Libano e in Iraq. Potrebbe accadere che effettivamente essi non abbiano conseguenze  di rilievo ma potrebbe  anche accadere che esse siano un inizio di qualcosa di veramente nuovo nel Medio Oriente. Il carattere davvero nuovo,  in questi due cas,i è che  lo scontro non avviene fra sette  religiose o fra integralisti o laicisti ma ha per oggetto  il disagio del vivere quotidiano, la estrema povertà delle masse di paesi  che per altro, potenzialmente, potrebbero essere  paesi prosperi.  Lo sviluppo economico del Medio Oriente è frenato da forsennati scontri di carattere  confessionale  che paiono gettare  tutto il Medio Oriente in un abisso senza fondo. Vi è uno scontro fra integralisti e moderati di cui la vicenda dell’ISIS è un esempio  e che certo non finirà con la fine  dell’ISIS e la morte del sedicente califfo.  Ancora di più vi è lo scontro fra sunniti e sciiti sostenuti rispettivamente da Arabia Saudita  e Iran  che, fra l’altro, ha  provocato la estrema tragedia dello Yemen di cui  poco si parla  e che ha sprofondata la Siria in una guerra senza fine.

     Paragonerei la attuale situazione del Medio Oriente all’Europa delle guerre di religione fra cattolici e protestanti , della  guerra dei Trenta Anni  che ridusse la Germania  all’estrema  rovina. Da quelle guerre sciagurate quanto inutili nacque poi la coscienza della inutilità di conflitti del genere e si arrivò alla idea nuova della tolleranza religiosa  e quindi della liberta.  Osiamo sperare, ma solo sperare, che qualcosa del genere possa cominciare anche nel Medio Oriente. 

    Qualche cenno sugli avvenimenti

     In Libano la gente è scesa nelle strade in moltitudini mai prima viste per protestare contro l’imposizione di tributi sulle reti internet: ovviamente solo una occasione  per rivendicare livelli di vita non cosi miserevoli

     Il Libano era definito la Svizzera del M.O.  prima che lo scontro fra cristiani e Palestinesi precipitasse il Libano in una crisi che dura ormai da cinquanta anni. In pratica il territorio è diviso in piccole zone, ciascuna  dominata da una delle comunità religiose riconosciute che sono in totale 14.  In pratica il governo centrale è solo un equilibrio fra le varie fazioni : la corruzione per altro dilaga all’ombra degli immutabili equilibri etnico religiosi.   Il primo ministro è Sa’d al-Dīn Harīrī, figlio del presidente Rafīq al-Ḥarīrī  assassinato  in un feroce e sanguinoso attentato nel 2005  che si sospetta ordito dalla  Siria ( ma non si sa : troppi i conflitti in gioco) Per  altro Hariri si era dimesso dopo una visita  a Riad  presumibilmente  costretto dal Suliman, il reggente  della Arabia Saudita a dimostrazione che in effetti le fazioni libanesi rispondono   a potenze regionali straniere. Hariri in seguito ha sospeso le sue dimissioni senza grandi conseguenze perché il potere centrale è più simbolico che reale.  Ma ora la gente che è scesa  in massa nelle strade, rifiuta ogni etichetta  settaria: sciiti, sunniti, cristiani, drusi lottano non più fra di loro per mantenere equilibri instabili ma  fianco a  fianco  per il comune fine di avere una vita più decente.

    Avvenimenti simili avvengono in Iraq anche se più tragici. Le proteste sono comuni a sciiti e sunniti ( i curdi formano uno stato a parte in pratica) ma  la repressione delle  autorità e di non meglio identificati gruppi armati hanno provocato centinaia di morti e migliaia di feriti : le cifre non si conoscono con precisione.  L’Iraq era dominato  della  minoranza sunnita Dopo l’invasione americana si è avuto un sistema di libere elezioni multipartitiche ma poichè la gente vota per setta e non per opinione politica  la maggioranza  sciita  hanno preso il potere  e ne è nata una  feroce lotta  con i sunniti.  Il fenomeno dell’ISIS  va riportato  in massima parte al fatto che   I sunniti vedevano nel califfato un modo  per sottrarsi al dominio degli sciiti. Ma ora i disordini si manifestano in tutto il paese e particolarmente  nel sud del paese a maggioranza sciita. Perfino la citta santa di Kerbala,  meta  del famoso  pellegrinaggio della ashura è in rivolta. Il vecchio Ayatollah Ali al-Sistani, capo religioso degli sciiti del paese giustifica la protesta  Anche Moqtada Sadr, leader sciita del Movimento integralista Sadrista, appoggia la rivolta, lui che aveva condotto un  lungo e sanguinoso jihad contro il  governo imposto dagli Americani, che proclamava  di guidare al martirio  i fedeli

    I dimostranti si definiscono  come  la generazione dei 10 dinari  ( come in occidente generazione degli 800 euro) , mancano tutti i servizi, dalla sanità all’acqua alla elettricità mentre pochi corrotti si sono  arricchiti in modo smisurato.  Eppure il paese è ricchissimo di petrolio, potenzialmente quindi prospero come  lo era  prima che le guerre contro gli Iraniani di Khomeini e poi con gli Americani riducessero il paese  alla  estrema povertà. 

     Sembra quindi un moto di presa di coscienza dell’inanità delle lotte  religiose e della importanza di rimettere  in moto  l’economia.

     A dimostrazione  di  quanto questi fatti possano minacciare le divisioni religiose vi è la  condanna  sia  dell’Arabia Saudita che della guida suprema iraniana ali Khamenei: questo ultimo in verità  riconosce le ragioni dei dimostranti ma afferma  che esse debbano essere perseguite per vie legali come se queste avessero  avuto successo  in tutti questi anni 

    Siamo alla rinascita del Medio Oriente, alla  ripresa di quello  che fu definita Primavera Araba poi finita negli scontri sanguinosi fra fazioni religiose  un po dovunque?

     Non lo sappiamo,   però possiamo almeno  sperarlo

     

     

     

     

     

     

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