•  Pubblicato in  Italianotizie  13/05/20 Home

     

     

    Il caso di Silvia  Romano

     

     

    Giovanni De Sio Cesari  

     

    La liberazione e il rimpatrio di Silvia Romano è stato accolta con unanime  soddisfazione da tutti ma la sua affermazione di essersi  liberamente convertita all’islam ha prima stupito tutti e poi innescate grandi ( e aggiungiamo ingenerose)  polemiche.  Non intendiamo entrare nel merito della  questione di cui non sappiamo i termini che saranno forse spiegati  in seguito ma tracciare  un quadro generale in cui si sono svolti questi fatti .

      Noi non sappiamo se effettivamente Silvia manterrà la sua adesione all’islam oppure se se ne ritrarrà una volta tornata nel suo mondo ben diverso da quello nel quale  ha vissuto negli ultimi 18 mesi. Occorre rispetto e cautela  come  hanno giustamente manifestato sia il suo parroco che l’iman della  vicina moschea

     Il fatto è che a noi occidentali in generale la adesione all’Islam,  per di più nella  sua versione più radicale, come  appare dagli abiti che Silvia indossa, ci  fa pensare  a qualcosa di folle, di incomprensibile . Noi siamo vissuti e cresciuti in una società al cui mentalità è quanto mai lontana ad ostile a certi atteggiamenti : l’ hijab   ( velo islamico)  ad esempio e in generale l’abbigliamento che mostra Silvia ci pare  un insopportabile segno di oppressione, di minorità della donna  che ci fa orrore.  Per questi motivi il timore che ossessionò tanto Oriana Fallaci  ( e in cui tanto sperò  un bin Laden) non si è avverato affatto in Occidente. E’ davvero impensabile che nella nostra cultura  possano aver successo  i principi islamici  e meno ancora nella  sua  versione più radicale.  Non è pensabile che le nostre donne possano indossare  abiti tanto castigati e coprirsi con uno scialle i capelli e anche magari il viso. Pur tuttavia noi non dobbiamo pensare che la nostra  sia la unica cultura possibile e nemmeno  quella  superiore a tutte le altre. Constatiamo,   infatti, che un piccole numero di occidentali  possono pure convertirsi all’islam anche nelle sue espressioni più radicali. Non dimentichiamo che dai paesi occidentali, in  migliaia, sono corsi ad arruolarsi nelle  file dell’ISIS e fra essi non sono nemmeno mancate le donne.  Anche escludendo  gli estremisti, molte ragazze nate e  cresciute nella nostra cultura hanno poi chiesto veramente e spontaneamente di poter indossare l’hijab

     Ora consideriamo che già il fatto di partire per luoghi esotici denota una  certa apertura mentale e simpatia per culture diversa dalla nostra. Silvia soprattutto  è stata per lungo tempo immersa in una cultura diversa  : non è quindi da meravigliarsi  troppo se ne ha assorbito certi contenuti e certi atteggiamenti mentali. Non si comprende perchè bisogna pensare alla cosiddetta  sindrome di Stoccolma o a chi sa quali strane e oscure vicende

    Qualcuno ha detto che se si trovava cosi ben fra i Somali perché mai abbiamo dovuto  impegnarci tanto  per riportarla  in Italia. Qualcuno si è spinto fino a fare il paragone con un ebreo che esce da un  lager nazista vestito da nazista Ma il fatto di aderire all’islam non significa certo che si siano persi  gli affetti familiari e nemmeno il desiderio di tornare nella propria terra.  Silvia può aver visto il mondo in una prospettiva diversa dalla nostra perchè si trovava in ambienti umani molto  diversi  dai nostri. in quello degli al shabaab somali, nel caso specifico.

    Ma chi sono costoro ?

    Per il senso comune  occidentale si tratta  di criminali ,folli e  fanatici che  sarebbe  bene sterminare come con l’ISIS  Ma è la nostra  prospettiva non certo la loro che si sentono invece investiti della  sacra missione di far trionfare il bene e la giustizia
    Ripercorriamone  brevemente il percorso. Dopo la fine dell’amministrazione italiana,  nel 1969 si insediò  il regime di  Siad Barre a carattere marxista,  di quel  particolare marxismo africano che, in verità, poco ha a che fare con quello europeo o asiatico . In particolare, poichè i Somali vivono anche in paesi confinanti  promosse un esasperato irredentismo  che sfociò nella tragedia della guerra dell’Ogaden, una zona desertica abitata  da Somali ma appartenente  all’Etiopia. Il regime di Siad Barre crollò nel 1991 e allora  le fragili  strutture statali  collassarono e il potere passò a vari capi locali, noti come “i signori della guerra”  Ci fu un intervento occidentale con la operazione Restore Hope ma anche questo falli. Si riuscì in seguito a installare un governo di transizione ma intanto il potere effettivo era stato preso dalle  cosiddette corti islamiche cioè consigli di ulema ma ormai siano nel periodo dei  conflitti  conseguenti al 11 settembre e le corti erano troppo vicine ad al qaeda.  Contro di essi gli Occidentali e gli stati confinanti  riuscirono a insediare un  governo più o meno sotto l’egida del ONU.  La fine  delle corti islamiche pero diede luogo all’affermazione della parte più estremista  nota come al shabaab  (precisamente: hizb al-Shabāb   in arabo: partito dei giovani ) Il governo riconosciuto internazionalmente,  guidato attualmente da Mohamed Abdullahi Mohamed, controlla Mogadiscio e qualche altro centro ma la maggior parte del territorio  resta in pratica in mano a al shabaab. Poiche poi nel nord del Kenia  vivono circa un milione di  somali il conflitto si  è esteso anche in questo ultimo paese combinandosi con una lotta religiosa con la maggioranza  cristiana. Non si tratta però  di una guerra nel senso classico con grandi operazioni militari e battaglie decisive ma di una situazione  di disordine perenne punteggiato da attentati, assassini e attacchi aerei  nei quali muoiono  per la maggior parte  civili, donne e bambini.

    Silvia Romano si trovava in una zona considerata tranquilla del Kenia,  non toccata da questo conflitti . E stata rapita  da un gruppo di delinquenti comuni e poi ceduta agli al shabaab ( oppure su commissione di questi)  Lo scopo era quello di ricevere un riscatto ma non si tratta di banditi comuni, ma di persone  che intendono attenersi rigidamente ai dettami islamici. E’ quindi comprensibile che,  come ella stessa afferma, Silvia  sia stata trattata con umanità  e con il  rispetto dovuto a una donna,  molto sentito in quella cultura 

     

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