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               Identità ebraica

 

Pubblicato da  In dies Info

Giovanni De Sio Cesari  

www.giovannidesio.it

 

 

 

La questione ebraica, come si diceva un tempo, o l’antisemitismo, come si dice più modernamente, è un problema che continua a presentarsi nel mondo occidentale cristiano e in quello islamico.
Ma chi sono gli ebrei, quale è la loro identità?
Nel passato la risposta era semplice: sono ebrei quelli che seguono la religione ebraica; nel momento in cui un ebreo si convertiva al cristianesimo (o, meno comunemente, all'islam) cessava di essere ebreo. Per legge di probabilità tutti noi abbiamo un antenato ebreo.
Poiché la nazionalità era individuata dalla religione, gli ebrei costituivano una comunità a parte che seguiva proprie leggi etiche, più o meno tollerata dalle autorità, che la proteggeva – ma non sempre – da tumulti popolari. Lo stesso avveniva nei paesi cristiani per le minoranze islamiche, poche in verità, nell’Italia meridionale e in Spagna, e per i cristiani nel mondo islamico, comunità queste notevoli per consistenza. Poi si è affermata la libertà religiosa, la laicizzazione, e con il positivismo la lotta culturale alla religione vista come ignoranza e superstizione. Allora la fede religiosa non è stata più la discriminante di nazionalità e peraltro la maggior parte degli ebrei è diventata atea.
E allora che significa essere ebreo?
Per noi occidentali, essere figlio di ebrei; in Israele, se figlio di madre ebrea (mater semper certa), e quindi discendente da Israele (che noi chiamiamo Giacobbe), ma si riconosciuto israelita anche se si e ateo, ma non se si segue  in altra fede (cristiana), il che sembra una stranezza.
Un famoso giornalista americano ebreo, Charles Krauthammer (1950-2018), definì l’identità ebraica affermando che

“Israele è l’unica nazione al mondo che abita la stessa terra, parla la stessa lingua, che adora lo stesso Dio da 3.000 anni.”
Ma anche se apparentemente vero, approfondendo un po’ ci rendiamo conto che non corrisponde per niente alla realtà.

Parlano la stessa lingua?
L’ebraico è stato solo la lingua liturgica, come per i cattolici il latino o per la Chiesa caldea l’assiro.
Già nel V secolo a.C. non parlavano più l’ebraico ma l’aramaico (lingua di Gesù). Dopo la dispersione parlavano le lingue di tutti i popoli presso i quali vivevano: dal tedesco (poi yiddish) all’etiope (falasha). Solo modernamente hanno trasformato la lingua liturgica in una lingua parlata, aggiornandola ovviamente con i termini delle realtà moderne tratte da lingue moderne.

Abitano la stessa terra?
Dopo le due rivolte anti-romane gli ebrei furono cacciati dalla Palestina, ma con l’avvento del cristianesimo potevano tornare; tuttavia, nei millenni lo fecero solo in pochissimi. Solo nel secolo scorso cominciarono a emigrare in Palestina (Focolare Ebraico).

Lo stesso Dio?
La maggior parte degli ebrei moderni sono atei; quelli religiosi si dividono in una miriade di indirizzi e sette: ci sono gli Haredim, che pensano che sarebbe blasfemo lasciare solo un lembo della Palestina agli arabi, e quelli (Neturei Karta) che ritengono blasfema la stessa esistenza di Israele.
E così avviene anche per tutte le credenze religiose. Anche ai tempi di Gesù c’erano divisioni: sadducei, farisei, zeloti, esseni, samaritani.
Difficile pensare all’ebraismo come a una fede unitaria (come cristiani e musulmani).
Certo, anche nel cristianesimo e nell’islam ci sono differenze, e molte, ma ci sono punti base comuni: ad esempio credono all’immortalità dell’anima, nel premio e castigo eterno. Ma per gli ebrei nemmeno questa credenza basilare è condivisa da tutti.
Possiamo invece dire che i greci o gli armeni o i cinesi parlano invece la stessa lingua da 3.000 anni (ovviamente modificata nel tempo) e occupano più o meno le stesse terre, anche se la loro religione è cambiata “solo” 1.500 anni fa.

Mi pare quindi evidente: gli ebrei non hanno affatto un’unità culturale, ma abbracciarono nel tempo le culture dei vari popoli presso i quali hanno convissuto.
Gli ebrei sono come gli altri: se noi consideriamo ad esempio gli ebrei che hanno avuto maggiore influsso nella nostra civiltà, come Marx, Freud e Einstein, non si trova nulla che li identifichi come ebrei. E così per gli innumerevoli altri ebrei che vivono in mezzo a noi: in questi giorni, con le accese polemiche sulle vicende della guerra in Palestina, sono venuto a conoscenza che tanti, ma tanti personaggi del giornalismo e della cultura sono ebrei, ma nulla mi faceva pensare a ciò.
Si pensi che pure Zelensky è di origine ebrea, ma forse si vede qualcosa di ebraico in lui?
La popolazione in Israele è composta da immigrati di tante nazioni e diverse, ciascuna delle quali porta la propria mentalità. Dai paesi arabi arrivarono perfino alcuni che praticavano ancora la poligamia, e dall’Occidente quelli che erano per il libero amore.
Ci sono quelli che, in fatto di sesso, sono più fanatici di un Bin Laden, e ragazze in bikini sulle spiagge.
Negli ambienti più osservanti ci sono automezzi e ascensori distinti addirittura per sesso, ma le donne fanno il servizio militare come gli uomini.
Non esiste, come nei nostri paesi, una certa unità di fondo.
Questo processo di assimilazione è poeticamente narrato, ad esempio, ne Il giardino dei Finzi-Contini, che a mio parere è il più bel romanzo del secolo scorso.
L’autore, Giorgio Bassani, narra come la comunità ebraica di Ferrara, che aveva aderito in modo entusiastico al fascismo, rimase stupita, sbigottita nell’essere considerata diversa dagli altri italiani ed emarginata (per essere purtroppo anche sterminata in seguito). Ricordo pure Margherita Sarfatti, l’ebrea colta e atea, amante di Mussolini, che tanta parte ebbe nel dare al fascismo quel richiamo alla romanità che poi fu la cifra caratteristica del regime.

Allora cosa veramente individua l’identità ebraica?
In effetti, a mio parere, è il timore delle persecuzioni duratemillenni, culminate con lo sterminio della Shoah, fatto unico in tutta la storia dell’umanità.
Si pensò al Focolare Ebraico in Palestina come una soluzione ai pogrom avvenuti in Russia e nell’Europa orientale, fomentati più o meno dalle autorità stesse. Ma l’idea ebbe impulso anche perché ci si rendeva conto che, con il passare di qualche generazione, con il venir meno della identificazione religiosa della nazionalità, gli ebrei si sarebbero fusi con le popolazioni locali (si pensi ai matrimoni misti sempre più frequenti) e quindi sarebbero spariti dalla storia come avvenuto per tanti altri popoli.
In realtà, a ricreare l’identità ebraica furono le assurde persecuzioni del nazismo. Si volle vedere, senza alcun fondamento, che tutti i mali del mondo venissero dagli ebrei, che non fossero dei veri uomini ma una specie di sotto-uomini (che assurdità), nemici dell’umanità da espellere e, se ciò non possibile, sterminare. Hitler, nella sua follia, credette veramente che anche se perdeva la guerra e la Germania era distrutta, tuttavia la storia lo avrebbe esaltato, riconoscendogli la gloria di aver liberato il mondo dagli ebrei.
È nata e quindi si è affermata l’idea, presso gli ebrei, che la loro sorte non doveva essere più affidata agli altri, non più solo pregare che Dio li salvi, ma provvedere essi stessi alla propria salvezza lottando e combattendo.
Lo Stato di Israele si è formato indubbiamente con una ingiustizia storica verso gli abitanti arabi della Palestina. Ma sono passati 80 anni: pensare che i profughi possano ritornare in Palestina distruggendo Israele (Palestine free) è una utopia senza basi. Allo stesso modo potremmo pensare che i nostri profughi istriani potessero tornare in quelle terre, gli armeni o greci tornare in Anatolia, magari che l’America tornasse ai pellerossa espellendo tutti gli immigrati bianchi e non.
Occorre prendere atto di questo fatto, che è un fatto basilare  da cui non si può prescindere.
Tuttavia la lotta contro Israele, per gli arabi, non è la riconquista di una piccola striscia di territorio: è solo un momento di una lotta metafisica fra il bene e il male, fra i miscredenti e i credenti, contro il grande e i piccoli satana, come diceva Khomeyni. Israele, come diceva qualche giorno fa Khamenei, è un cancro, una infezione  che verrà presto estirpato.
In verità questa mentalità, questa visione fideistica e utopica, è stata abbandonata da tutti i regimi arabi e mantenuta solo da Iran e Hamas; tuttavia, è ancora molto presente nelle masse arabe.
Gli ebrei di Israele si trovano ancora una volta di fronte al pericolo di sterminio: un giorno o l’altro, possono essere travolti dai circa 500 milioni di arabi.
Questo timore è veramente la loro identità.