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Il caso Almasri

Pubblicato da Appunti novembre 2025
Introduzione
Sul caso Al Masri si sono riaccese in Italia nuovamente le polemiche, d’altra
parte mai sopite, alla notizia che le autorità libiche ne hanno deciso l’arresto
in ottemperanza all’ordine di cattura del Tribunale Penale Internazionale.
Davvero singolare è apparso il fatto che l’Italia invece lo aveva rilasciato e
riportato in Libia con un volo speciale, temendo le reazioni libiche, mentre
invece la Libia, dopo nove mesi, ha ottemperato alla decisione del tribunale
internazionale arrestandolo: il mondo è apparso alla rovescia.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza al di là dello scontro, più che altro
propagandistico, fra governo e opposizione.
ALMASRI
Al Masri (che pare significhi “l’egiziano”; il nome completo sarebbe Najeem
Osema Al Masri Habish) è ufficialmente un generale che dirige in Libia la RADA,
la polizia che ha il compito di combattere il terrorismo e il crimine
organizzato e, fra l’altro, controlla la prigione di Mitiga, dove si ha notizia
di uccisioni, torture e pare anche violenze sessuali (su uomini e bambini). Non
dobbiamo pensare però a un’organizzazione di Stato di tipo europeo, secondo
precise leggi e regolamenti: in sostanza Almasri è uno dei tanti capibanda che
controllano più o meno direttamente la Libia, riconoscendo in teoria l’autorità
di uno dei due governi, quello di Bengasi e quello di Tripoli, che è quello
riconosciuto internazionalmente.
In questo carcere sono detenute persone considerate anti-islamiche, atei, di
altre religioni, diremmo soprattutto — con pretesti vari — quelli considerati
nemici per un qualche motivo che in genere noi occidentali stentiamo a capire.
La
Corte Penale Internazionale
La Corte Penale Internazionale (CPI) è un organismo che in qualche modo si
rapporta al Tribunale di Norimberga che giudicò i crimini nazisti. Essa opera da
una ventina d’anni in seguito all’accordo sottoscritto a Roma: ha competenza per
i Paesi che vi aderiscono (circa 135 attualmente) e fra essi vi sono l’Italia e
anche la Libia (ma non USA, Russia e Cina).
La Corte ha incriminato anche personaggi ben più in vista dello sconosciuto
Almasri, come Netanyahu e Putin.
Non va confusa con la Corte Internazionale di Giustizia (CIG), organismo
dell’ONU che invece ha competenze sulle controversie fra Stati e dovrebbe quindi
risolverle senza ricorrere alla forza (in realtà non mi viene in mente nessun
caso in cui ci sia poi riuscita).
I
fatti
All’inizio di questo anno Al Masri decise di farsi un viaggio in Europa
partendo il 6 gennaio, passò per Londra, Bruxelles, Monaco di Baviera e quindi
in Italia.
Durante il viaggio, il 18 gennaio, viene spiccato un mandato di cattura e il
giorno dopo in Italia viene arrestato dalla Digos. A questo punto però il
governo italiano decide di rimpatriarlo con un volo di Stato: arrivato a
Tripoli, Almasri viene accolto trionfalmente da un gruppo di suoi seguaci (non
dalla popolazione in generale, come spesso si dice).
Con tutta evidenza il governo ha preferito liberare Al Masri per timore delle
ripercussioni in Libia sui nostri interessi, che sono cospicui, e anche perché
ci sarebbero potute essere vendette sanguinose sui nostri connazionali nel
Paese. In realtà quindi un caso di realpolitik, diremmo.
Il fatto però viene riportato dai giornali italiani e iniziano polemiche accese.
Il governo dà spiegazioni poco convincenti, in particolare Nordio si appiglia a
cavilli giuridici e il governo si trova in forte imbarazzo.
In seguito vengono dalla magistratura messi sotto accusa alcuni ministri (ma non
il Presidente del Consiglio). In seguito il Parlamento nega l’autorizzazione a
procedere: resterebbe solo imputata una funzionaria del governo non
parlamentare, ma anche per essa si trova, almeno per il momento, un cavillo per
non procedere .
Insomma, dal punto di vista giuridico la vicenda pare risolta, ma non sul piano
politico.
A novembre però, inaspettatamente, il governo libico decide, fra la sorpresa di
tutti, di ottemperare alla richiesta della CPI. Certamente non si tratta di una
improvvisa resipiscenza di carattere umanitario e giuridico, ma di un qualche
scontro di potere fra le varie componenti e bande che detengono il potere: se
Almasri è colpevole, non lo sarebbe meno il governo, che certo di quello che
avveniva nel carcere di Mitiga aveva conoscenza ben più ampia e chiara della
lontana Corte Penale Internazionale.
Considerazioni
Indubbiamente la CPI e consimili organizzazioni rispondono a un forte sentimento
etico, del rigetto delle violenze, dei crimini contro l’umanità come si usa
dire, ma la loro efficacia, o meglio la loro possibilità di intervenire e
reprimere il male che è nel mondo, appare del tutto teorica.
Innanzitutto manca il potere coercitivo che hanno tutti i tribunali.
Se un tribunale nazionale condanna un assassino, vi sono le forze di polizia che
lo arrestano e quindi il condannato viene costretto con la forza a scontare la
sua pena.
Ma se lo Stato non persegue l’imputato, come può intervenire la CPI?
Occorrerebbe una forza internazionale, un potere superiore ai singoli Stati, un
impero mondiale, diciamo, che non esiste, e non si può pensare realisticamente a
un intervento militare.
È stato un caso che Almasri sia venuto in Europa (non c’era ancora il mandato, o
come si dice, non era stato pubblicato), ma arrestare un tale personaggio
significa pure esporsi a ritorsioni che possono essere anche sanguinose. Il
tribunale di Norimberga fu in grado di operare perché c’era stata una guerra con
60 milioni di morti, e allora i vincitori poterono giudicare i vinti: siamo un
po’ tutti d’accordo che fu fatta giustizia, ma resta pur sempre l’ombra di una
giustizia fatta dai vincitori sui vinti.
Si consideri, ad esempio, l’effettiva possibilità di arrestare un Netanyahu o un
Putin: certamente è cosa impensabile, e comunque non si risolverebbe certo la
guerra in Ucraina o a Gaza, magari le inasprirebbe.
E questo ci porta a un’altra considerazione ancora più generale.
Noi imputiamo alcuni individui come se essi fossero delinquenti comuni che
operano da soli (come un assassino o un ladro). In realtà, se a Mitiga ci sono
stati fatti orribili, è perché tutto un gruppo, una banda, agisce così e per
questo sceglie il suo capo. Nel caso di Netanyahu abbiamo un intero popolo che
lo ha eletto democraticamente e mantiene il potere ancora legalmente.
Nel caso di Putin non vi è una democrazia, ma certo il popolo russo nel suo
complesso lo sostiene nella lotta contro l’Ucraina.
Insomma, se a Mitiga, a Gaza, nel Donbass vi sono crimini contro l’umanità, essi
avvengono perché una massa di uomini li compie e non possono essere considerati
responsabili solo alcune persone. Magari può anche succedere che i capi siano
quelli più moderati ma non riescano a frenare i propri uomini.
È come se noi volessimo solo condannare i capi di una banda di ladri o assassini
e non tutti u componenti che i crimini li hanno commessi.
Dobbiamo allora
considerare cosa sia il giusto e l’ingiusto.
I nostri valori occidentali valgono per tutto il mondo?
In effetti non valgono nemmeno, in realtà, nel nostro mondo.
In Palestina Hamas e gli Haredim (ultraortodossi ebraici) rivendicano per sé
tutta la Palestina per volontà diretta di Dio, addirittura. La parte laica, pur
non condividendo questa impostazione, ritiene che le esigenze pratiche e
realistiche portino alla formazione dei due Stati, ma non che questo sia
“giusto”.
Dove sta la ragione, il bene o il male?
Chi lo stabilisce? Alcuni tizi posti nei tribunali internazionali scelti con
criteri di equilibri politici (o di spartizione, se si preferisce).
Così, se i russi vedono nell’Ucraina una minaccia per il loro Paese, saranno dei
giudici a stabilire se questa preoccupazione è reale o solo un pretesto?
Aggiungiamo anche che i
mandati di arresto non sono sentenze. Il fatto che un procuratore inizi un
procedimento penale non significa affatto che gli imputati siano colpevoli.
Nell’amministrazione della giustizia accade spesso che gli imputati vengano
assolti dopo molti anni e si trovino con la vita distrutta: arrestare un
politico, un capo politico, per poi assolverlo dopo anni significherebbe
cambiare la storia.
Ora, in realtà, per Almasri, Netanyahu e Putin non ci sono condanne ma solo il
parere dei procuratori.
Aggiungiamo anche un’altra considerazione finale: in effetti carceri orrende non
sono solo quella di Mitiga, ma così sono in realtà tutte le carceri del Medio
Oriente (si pensi al caso Regeni) e di tanti altri Paesi. Allora perché
arrestare solo Almasri? Andrebbero perseguiti tutti i dirigenti politici, ma
anche tutti quelli che operano in questo modo in tutto il mondo.
Cosa del tutto impossibile senza un impero mondiale.