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Il caso Almasri

 

 

 

Pubblicato da  Appunti novembre  2025

Giovanni De Sio Cesari

www.giovannidesio.it

 

 

 

 


Introduzione
Sul caso Al Masri si sono riaccese in Italia nuovamente le polemiche, d’altra parte mai sopite, alla notizia che le autorità libiche ne hanno deciso l’arresto in ottemperanza all’ordine di cattura del Tribunale Penale Internazionale. Davvero singolare è apparso il fatto che l’Italia invece lo aveva rilasciato e riportato in Libia con un volo speciale, temendo le reazioni libiche, mentre invece la Libia, dopo nove mesi, ha ottemperato alla decisione del tribunale internazionale arrestandolo: il mondo è apparso alla rovescia.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza al di là dello scontro, più che altro propagandistico, fra governo e opposizione.

 

ALMASRI
Al Masri (che pare significhi “l’egiziano”; il nome completo sarebbe Najeem Osema Al Masri Habish) è ufficialmente un generale che dirige in Libia la RADA, la polizia che ha il compito di combattere il terrorismo e il crimine organizzato e, fra l’altro, controlla la prigione di Mitiga, dove si ha notizia di uccisioni, torture e pare anche violenze sessuali (su uomini e bambini). Non dobbiamo pensare però a un’organizzazione di Stato di tipo europeo, secondo precise leggi e regolamenti: in sostanza Almasri è uno dei tanti capibanda che controllano più o meno direttamente la Libia, riconoscendo in teoria l’autorità di uno dei due governi, quello di Bengasi e quello di Tripoli, che è quello riconosciuto internazionalmente.
In questo carcere sono detenute persone considerate anti-islamiche, atei, di altre religioni, diremmo soprattutto — con pretesti vari — quelli considerati nemici per un qualche motivo che in genere noi occidentali stentiamo a capire.

 

La Corte Penale Internazionale
La Corte Penale Internazionale (CPI) è un organismo che in qualche modo si rapporta al Tribunale di Norimberga che giudicò i crimini nazisti. Essa opera da una ventina d’anni in seguito all’accordo sottoscritto a Roma: ha competenza per i Paesi che vi aderiscono (circa 135 attualmente) e fra essi vi sono l’Italia e anche la Libia (ma non USA, Russia e Cina).
La Corte ha incriminato anche personaggi ben più in vista dello sconosciuto Almasri, come Netanyahu e Putin.
Non va confusa con la Corte Internazionale di Giustizia (CIG), organismo dell’ONU che invece ha competenze sulle controversie fra Stati e dovrebbe quindi risolverle senza ricorrere alla forza (in realtà non mi viene in mente nessun caso in cui ci sia poi riuscita).

 

I fatti
All’inizio di questo anno  Al Masri decise di farsi un viaggio in Europa partendo il 6 gennaio, passò per Londra, Bruxelles, Monaco di Baviera e quindi in Italia.
Durante il viaggio, il 18 gennaio, viene spiccato un mandato di cattura e il giorno dopo in Italia viene arrestato dalla Digos. A questo punto però il governo italiano decide di rimpatriarlo con un volo di Stato: arrivato a Tripoli, Almasri viene accolto trionfalmente da un gruppo di suoi seguaci (non dalla popolazione in generale, come spesso si dice).
Con tutta evidenza il governo ha preferito liberare Al Masri per timore delle ripercussioni in Libia sui nostri interessi, che sono cospicui, e anche perché ci sarebbero potute essere vendette sanguinose sui nostri connazionali nel Paese. In realtà quindi un caso di realpolitik, diremmo.
Il fatto però viene riportato dai giornali italiani e iniziano polemiche accese. Il governo dà spiegazioni poco convincenti, in particolare Nordio si appiglia a cavilli giuridici e il governo si trova in forte imbarazzo.
In seguito vengono dalla magistratura messi sotto accusa alcuni ministri (ma non il Presidente del Consiglio). In seguito il Parlamento nega l’autorizzazione a procedere: resterebbe solo imputata una funzionaria del governo non parlamentare, ma anche per essa si trova, almeno per il momento, un cavillo per non procedere .
Insomma, dal punto di vista giuridico la vicenda pare risolta, ma non sul piano politico.
A novembre però, inaspettatamente, il governo libico decide, fra la sorpresa di tutti, di ottemperare alla richiesta della CPI. Certamente non si tratta di una improvvisa resipiscenza di carattere umanitario e giuridico, ma di un qualche scontro di potere fra le varie componenti e bande che detengono il potere: se Almasri è colpevole, non lo sarebbe meno il governo, che certo di quello che avveniva nel carcere di Mitiga aveva conoscenza ben più ampia e chiara della lontana Corte Penale Internazionale.

 

Considerazioni
Indubbiamente la CPI e consimili organizzazioni rispondono a un forte sentimento etico, del rigetto delle violenze, dei crimini contro l’umanità come si usa dire, ma la loro efficacia, o meglio la loro possibilità di intervenire e reprimere il male che è nel mondo, appare del tutto teorica.
Innanzitutto manca il potere coercitivo che hanno tutti i tribunali.
Se un tribunale nazionale condanna un assassino, vi sono le forze di polizia che lo arrestano e quindi il condannato viene costretto con la forza a scontare la sua pena.
Ma se lo Stato non persegue l’imputato, come può intervenire la CPI? Occorrerebbe una forza internazionale, un potere superiore ai singoli Stati, un impero mondiale, diciamo, che non esiste, e non si può pensare realisticamente a un intervento militare.
È stato un caso che Almasri sia venuto in Europa (non c’era ancora il mandato, o come si dice, non era stato pubblicato), ma arrestare un tale personaggio significa pure esporsi a ritorsioni che possono essere anche sanguinose. Il tribunale di Norimberga fu in grado di operare perché c’era stata una guerra con 60 milioni di morti, e allora i vincitori poterono giudicare i vinti: siamo un po’ tutti d’accordo che fu fatta giustizia, ma resta pur sempre l’ombra di una giustizia fatta dai vincitori sui vinti.
Si consideri, ad esempio, l’effettiva possibilità di arrestare un Netanyahu o un Putin: certamente è cosa impensabile, e comunque non si risolverebbe certo la guerra in Ucraina o a Gaza, magari le inasprirebbe.


E questo ci porta a un’altra considerazione ancora più generale.
Noi imputiamo alcuni individui come se essi fossero delinquenti comuni che operano da soli (come un assassino o un ladro). In realtà, se a Mitiga ci sono stati fatti orribili, è perché tutto un gruppo, una banda, agisce così e per questo sceglie il suo capo. Nel caso di Netanyahu abbiamo un intero popolo che lo ha eletto democraticamente e mantiene il potere ancora legalmente.
Nel caso di Putin non vi è una democrazia, ma certo il popolo russo nel suo complesso lo sostiene nella lotta contro l’Ucraina.
Insomma, se a Mitiga, a Gaza, nel Donbass vi sono crimini contro l’umanità, essi avvengono perché una massa di uomini li compie e non possono essere considerati responsabili solo alcune persone. Magari può anche succedere che i capi siano quelli più moderati ma non riescano a frenare i propri uomini.
È come se noi volessimo solo condannare i capi di una banda di ladri o assassini e non tutti u componenti  che i crimini li hanno commessi.

 

Dobbiamo allora considerare cosa sia il giusto e l’ingiusto.
I nostri valori occidentali valgono per tutto il mondo?
In effetti non valgono nemmeno, in realtà, nel nostro mondo.
In Palestina Hamas e gli Haredim (ultraortodossi ebraici) rivendicano per sé tutta la Palestina per volontà diretta di Dio, addirittura. La parte laica, pur non condividendo questa impostazione, ritiene che le esigenze pratiche e realistiche portino alla formazione dei due Stati, ma non che questo sia “giusto”.
Dove sta la ragione, il bene o il male?
Chi lo stabilisce? Alcuni tizi posti nei tribunali internazionali scelti con criteri di equilibri politici (o di spartizione, se si preferisce).
Così, se i russi vedono nell’Ucraina una minaccia per il loro Paese, saranno dei giudici a stabilire se questa preoccupazione è reale o solo un pretesto?
 

Aggiungiamo anche che i mandati di arresto non sono sentenze. Il fatto che un procuratore inizi un procedimento penale non significa affatto che gli imputati siano colpevoli.
Nell’amministrazione della giustizia accade spesso che gli imputati vengano assolti dopo molti anni e si trovino con la vita distrutta: arrestare un politico, un capo politico, per poi assolverlo dopo anni significherebbe cambiare la storia.
Ora, in realtà, per Almasri, Netanyahu e Putin non ci sono condanne ma solo il parere dei procuratori.


Aggiungiamo anche un’altra considerazione finale: in effetti carceri orrende non sono solo quella di Mitiga, ma così sono in realtà tutte le carceri del Medio Oriente (si pensi al caso Regeni) e di tanti altri Paesi. Allora perché arrestare solo Almasri? Andrebbero perseguiti tutti i dirigenti politici, ma anche tutti quelli che operano in questo modo in tutto il mondo.
Cosa del tutto impossibile senza un impero mondiale.