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Revisionismo storico

 

Pubblicato da  Appunti ottobre  2025

Giovanni De Sio Cesari

www.giovannidesio.it

 

 

 

Nel linguaggio comune il termine di revisionismo ha assunto un significato negativo: si intende con esso non tanto un errore nella ricostruzione storica ma una falsificazione cosciente, dettata da un intento “malvagio, criminale”. Caso esemplare quello del negazionismo della Shoah che in molti paesi è diventato anche un reato penale vero e proprio. Ed è davvero singolare che nei paesi democratici in cui il principio fondamentale è la libertà di opinione ed espressione, qualche storico (tale per professione riconosciuta) venga addirittura condannato per una sua ricostruzione e interpretazione di fatti storici come se lo stato democratico potesse stabilire per legge una verità storica. Si tratta davvero di una eccezione.

 

Ma al di là di questo, che a me appare una contraddizione della democrazia, anche l'interpretazione non del tutto negativa dei fascismi e un'interpretazione non del tutto celebrativa della Resistenza e analoghi movimenti antifascisti viene considerata non una diversa interpretazione storica ma una falsificazione consapevole, da condannare senza SE e senza MA, di un’opera del male, potremmo dire.

Noi non condividiamo queste ricostruzioni revisioniste che paiono negare ciò che per l’indirizzo prevalente appare contrario alla verità, ma vogliamo qui chiarire il concetto di revisionismo, approfondendone il significato e le relative implicazioni.

 

Diciamo innanzi tutto che ogni opera storica è sempre una revisione: chi scrive di storia fa sempre una revisione di quanto hanno scritto altri; non esiste una ricostruzione o interpretazione ultima e definitiva, e ciò avviene in realtà anche in tutti i campi del sapere. Anche un testo scientifico che non sia semplicemente divulgativo in realtà fa una revisione di quanto hanno scritto altri, o meglio, di quanto la comunità scientifica ritiene valido fino a quel momento.

Quindi possiamo dire che in generale ogni opera non divulgativa è una revisione di quanto generalmente accettato.

Senz'altro mi pare errato pensare che la Shoah non si sia verificata, ma se qualcuno sostiene questa tesi, per confutarla occorre che si prendano in esame le sue argomentazioni, le sue riflessioni. Non posso dire che questa tesi, poiché è revisionista, è falsa e disonesta, ma al contrario se mostro che è falsa, allora posso dire che quest’opera revisionista è falsa. Ma non possiamo dire a priori quale sia l'interpretazione più vera, quella tradizionale o quella innovativa (revisionista), ammettendo poi che esista una verità ultima e definitiva.

 

Noterei pure che accanto alla storia scientifica vera e propria vi è una storia che io definirei storia patria, che ha cioè lo scopo di esaltare degli ideali che consideriamo positivi e fondanti, e magari si può pensare che essa sia più importante di quella scientifica, che, da un certo punto di vista, è vero. In fondo è molto importante che un popolo intero si riconosca in certi ideali che la rendano una nazione, più che una vera e propria conoscenza critica che mette tutto sempre e comunque in dubbio.

Per fare un esempio: nei libri scolastici troviamo un'esaltazione senza SE e senza MA del nostro Risorgimento (già il nome lo indica) in cui i patrioti, i liberali sono i buoni, i reazionari e gli austriaci sono i cattivi.

In realtà le vicende sono molto più complesse e anche il giudizio generale può essere considerato da altri punti di vista.

Ad esempio consideriamo Garibaldi e Mazzini come padri della patria, ma in effetti l'Italia postunitaria è cosa del tutto diversa da quella sognata da Mazzini e Garibaldi. I fatti vengono interpretati in un certo modo, alcuni ignorati e altri esaltati e talvolta pure falsificati.

Sembra che tutto il popolo fosse con i liberali e oppresso dai re assoluti e dai loro accoliti: in realtà non è così, perché il liberalismo era patrimonio soprattutto delle classi colte e quindi di quelle agiate. Così si glorificano i garibaldini ma si ignora il brigantaggio postunitario. Tutti conoscono la battaglia di Calatafimi e del Volturno ma pochi della strage di Pettorano e della battaglia del Macerone.

Abbiamo a volte delle vere falsificazioni. Così ad esempio nella famosissima "La spigolatrice di Sapri", insegnata per oltre un secolo in tutte le scuole, si mostra una contadina (spigolatrice) affascinata e sostenitrice dei “300 giovani e forti che sono morti”, uccisi dai cattivi soldati borbonici: in realtà essi furono massacrati dai contadini e anche dalle contadine che si mostrarono anch'esse feroci e spietate, mentre quelli che si arresero ai soldati ebbero salva la vita e qualche anno dopo liberati con l'arrivo dei garibaldini.

Ma l’idea di un'Italia che si libera dagli stranieri e dai re filo austriaci ha formato la nostra coscienza nazionale, presupposto della nostra nazionalità. Ma in realtà solo il Lombardo-Veneto faceva parte dell’impero plurinazionale austriaco.

Così i revisionisti neo-borbonici rivalutano i Borboni: occorre allora esaminare le loro argomentazioni che magari possono essere rifiutate, ma non possiamo dire che la loro interpretazione, essendo revisionista, sia errata.

 

Soprattutto il revisionismo viene visto nella valutazione della lotta partigiana e del fascismo.

Si parla sempre di un'invasione tedesca, ma in realtà, se l'Italia si arrese agli alleati (si disse armistizio), certo i tedeschi non potevano permettere che attraversassero indisturbati tutto il nostro territorio per arrivare ai loro confini.

In realtà, come nell'impresa garibaldina, si trattò pure sempre di una guerra civile in cui una parte degli italiani continuava a credere nel fascismo e a combattere come alleati dei tedeschi, e una parte, invece, i partigiani, insorgeva contro di essi, mentre la grande maggioranza aspettava solo che tutto quell’orrore finalmente finisse pensando che l’esito della guerra era ormai scontato e quindi tutto era inutile.

Poi, soprattutto negli anni '60, è nata la santificazione dei partigiani.

Certo, i partigiani erano dalla parte giusta, ma questo non significa che non si trovassero nella tragedia della guerra.

La guerra non è una gara sportiva in cui perde chi non rispetta le regole, ma una tragedia orribile in cui vince chi usa i mezzi che fanno vincere, per quanto terribili.

Le atrocità sono inevitabili per l’odio, la paura, la vendetta: i combattenti non sono nobili cavalieri senza macchia.

Che ci siano state anche da parte dei partigiani atrocità è ovvio, non occorre leggere Pansa, basta vedere "La ragazza di Bube", il cui autore non era certo un fascista.

Il clima era quello descritto, in cui Bube uccide il figlio del maresciallo che non c’entrava nulla.

Ma la nostra repubblica è fondata sulla democrazia e quindi occorre che il popolo tutto ne prenda coscienza, identificando quindi i partigiani con il bene e i fascisti e i tedeschi come il male.