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Pregiudizio e razzismo

 

Pubblicato da  Appunti  giugno 2025

Giovanni De Sio Cesari

www.giovannidesio.it

 

 


Il Consiglio d’Europa, organismo in verità poco conosciuto, che ha per fine la promozione dei diritti umani e la lotta al razzismo, recentemente ha raccomandato all’Italia uno studio sulla profilazione razziale da parte delle forze dell’ordine: gli agenti di polizia fermerebbero le persone basandosi sul colore della loro pelle, o sulla loro presunta identità nazionale o religiosa, “violando così i valori europei”: in pratica un'accusa di pregiudizio razziale verso gli immigrati. Sia il governo che i vertici della polizia e altre istituzioni nazionali hanno reagito vivacemente respingendo l'accusa come falsa, priva di ogni fondamento.
Noi non abbiamo idea se una tale accusa abbia qualche fondamento o meno, ma ci pare invece che un simile atteggiamento delle forze dell’ordine sarebbe logico e appropriato.
Se vi è un femminicidio, ovviamente si vanno prima di tutto a indagare quelle persone che in qualche modo abbiano avuto dei rapporti amorosi con la vittima: chi altro potrebbe essere stato?
Se vi sono tangenti si pensa che a incassarle siano stati uomini di potere, politici, amministratori: chi mai darebbe una tangente a un poveraccio?
Se c’è un borseggio, ovviamente si pensa invece a qualche poveraccio che non riesce a guadagnare sufficientemente: chi mai penserebbe a un deputato o anche semplicemente a un impiegato di banca?
Ovviamente le indagini si avviano verso gli ambienti e le persone che si ritengono più facilmente abbiano potuto compiere quel certo genere di reato. Si sa che gli immigrati costituiscono la parte più povera e disagiata della popolazione: la probabilità che commettano micro-crimini è quindi più alta. Possiamo dire allora che la polizia si muove su pregiudizi: certamente, ma quello che va rilevato è che tutta la conoscenza umana parte da pregiudizi.
La cultura illuministica condannò sempre e aprioristicamente il pregiudizio, ma in realtà, come rivela molto giustamente Gadamer (corrente dell’ermeneutica moderna), nel cercare la verità noi non possiamo non partire da una pre-comprensione (che possiamo definire pregiudizio) e quindi, confrontandola con la realtà, possiamo confermarla o smentirla.
Non è certamente possibile che io affronti una qualunque questione senza partire già da un contesto culturale con tutti i suoi pregiudizi. Ad esempio, io ho il pregiudizio che le cure mediche combattano le malattie e che invece gli scongiuri non servano a niente. Come potrei non partire da questo pregiudizio? Come potrei verificare ogni volta che le medicine sono efficaci e le arti magiche no? D’altra parte, nel passato si aveva il pregiudizio opposto, per cui si credeva più nelle arti magiche che nelle medicine.
Così, altro esempio, nel passato vi era il pregiudizio che le donne non sapessero amministrare il proprio patrimonio, per cui secondo leggi ed usi la dote apparteneva alla moglie ma era amministrata dal marito.
Attualmente abbiamo il pregiudizio opposto, per cui pensiamo che uomini e donne abbiano le stesse capacità di amministrare. Bisogna anche considerare che se un pregiudizio è stato ritenuto valido per molto tempo (millenni nel caso prima ricordato) vuol dire che aveva pure un certo fondamento.
Bisogna considerare che la realtà cambia: un tempo alle donne veniva riservata solo la cura della famiglia e della casa, non veniva insegnato loro l’amministrazione finanziaria e in generale tutto quello che non riguardasse il loro compito specifico. Allora appariva pure vero che non sapessero amministrare.
Quello che è negativo del pregiudizio è la sua rigidità, che si mantenga cioè anche di fronte all’evidenza della smentita, alla realtà oggettiva.
Se siamo passati dagli scongiuri alle medicine è perché lo sviluppo delle conoscenze mediche ci ha portato a constatare l’efficacia delle une e l’inutilità delle altre.
Se ora pensiamo che le donne possano anche amministrare è perché non lasciamo ad esse solo la cura della famiglia ma forniamo ad esse una preparazione uguale a quella degli uomini.
Quello che sarebbe negativo è che noi considerassimo le nostre pre-comprensioni come giudizi assoluti, così come fa la cosiddetta cultura woke.
La nostra mente deve essere aperta anche a considerare magari che un certo tipo di magia sia più efficace delle medicine o che le donne siano meno capaci di amministrare.
Soprattutto bisogna considerare che per quanto riguarda gli esseri umani le pre-comprensioni hanno solo un valore statistico e non assoluto. Se dico che gli uomini sono più alti delle donne mi riferisco solo alla media delle altezze – ma è abbastanza comune che una donna sia più alta di un uomo. Così, gli uomini potrebbero essere in media più abili ad amministrare delle donne in media, ma questo non significherebbe che tutti gli uomini sono più bravi di tutte le donne.
Torniamo al pregiudizio razziale da cui siamo partiti. Il razzismo è una teoria secondo la quale l’atteggiamento mentale di un individuo dipenderebbe dall’eredità genetica: si è intelligenti o meno, buoni o malvagi, ladri o onesti perché lo si eredita dai genitori. Questo pregiudizio ormai possiamo considerarlo quasi scomparso, mentre prevale e di molto il pregiudizio opposto: che tutto dipenda dall’educazione, dalla cultura in cui nasciamo o siamo educati. Noi pensiamo che un neonato congolese adottato in Italia diventi culturalmente un italiano, e viceversa.
Tutto questo non significa che non esistano le culture. È evidente che nel mondo islamico stenta e di molto ad affermarsi, e forse mai si affermerà, la nostra idea dell’uguaglianza dei sessi. Ma non pensiamo che sia un fatto genetico: in fondo, hanno una concezione dei rapporti tra i sessi che noi sostanzialmente condividevamo qualche secolo addietro.
Questo non significa però che una donna musulmana non possa essere emancipata quanto e più magari di una donna americana: si tratta di fatti statistici.
Pensare che i microcrimini come i borseggi vengano operati dalla parte più povera della popolazione è un pregiudizio generalmente accettato da tutti; sarebbe razzismo pensare che gli extracomunitari siano ladri per un fatto genetico e non per un problema socio-economico. Così come sarebbe negativo mantenere questo pregiudizio anche quando esso si manifesta infondato: non si può considerare un bisognoso, italiano o immigrato, come un ladro senza concrete prove.