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Pregiudizio e razzismo
Pubblicato da Appunti giugno 2025
Il Consiglio d’Europa, organismo in verità poco conosciuto, che ha per fine la
promozione dei diritti umani e la lotta al razzismo, recentemente ha
raccomandato all’Italia uno studio sulla profilazione razziale da parte delle
forze dell’ordine: gli agenti di polizia fermerebbero le persone basandosi sul
colore della loro pelle, o sulla loro presunta identità nazionale o religiosa,
“violando così i valori europei”: in pratica un'accusa di pregiudizio razziale
verso gli immigrati. Sia il governo che i vertici della polizia e altre
istituzioni nazionali hanno reagito vivacemente respingendo l'accusa come falsa,
priva di ogni fondamento.
Noi non abbiamo idea se una tale accusa abbia qualche fondamento o meno, ma ci
pare invece che un simile atteggiamento delle forze dell’ordine sarebbe logico e
appropriato.
Se vi è un femminicidio, ovviamente si vanno prima di tutto a indagare quelle
persone che in qualche modo abbiano avuto dei rapporti amorosi con la vittima:
chi altro potrebbe essere stato?
Se vi sono tangenti si pensa che a incassarle siano stati uomini di potere,
politici, amministratori: chi mai darebbe una tangente a un poveraccio?
Se c’è un borseggio, ovviamente si pensa invece a qualche poveraccio che non
riesce a guadagnare sufficientemente: chi mai penserebbe a un deputato o anche
semplicemente a un impiegato di banca?
Ovviamente le indagini si avviano verso gli ambienti e le persone che si
ritengono più facilmente abbiano potuto compiere quel certo genere di reato. Si
sa che gli immigrati costituiscono la parte più povera e disagiata della
popolazione: la probabilità che commettano micro-crimini è quindi più alta.
Possiamo dire allora che la polizia si muove su pregiudizi: certamente, ma
quello che va rilevato è che tutta la conoscenza umana parte da pregiudizi.
La cultura illuministica condannò sempre e aprioristicamente il pregiudizio, ma
in realtà, come rivela molto giustamente Gadamer (corrente dell’ermeneutica
moderna), nel cercare la verità noi non possiamo non partire da una
pre-comprensione (che possiamo definire pregiudizio) e quindi, confrontandola
con la realtà, possiamo confermarla o smentirla.
Non è certamente possibile che io affronti una qualunque questione senza partire
già da un contesto culturale con tutti i suoi pregiudizi. Ad esempio, io ho il
pregiudizio che le cure mediche combattano le malattie e che invece gli
scongiuri non servano a niente. Come potrei non partire da questo pregiudizio?
Come potrei verificare ogni volta che le medicine sono efficaci e le arti
magiche no? D’altra parte, nel passato si aveva il pregiudizio opposto, per cui
si credeva più nelle arti magiche che nelle medicine.
Così, altro esempio, nel passato vi era il pregiudizio che le donne non
sapessero amministrare il proprio patrimonio, per cui secondo leggi ed usi la
dote apparteneva alla moglie ma era amministrata dal marito.
Attualmente abbiamo il pregiudizio opposto, per cui pensiamo che uomini e donne
abbiano le stesse capacità di amministrare. Bisogna anche considerare che se un
pregiudizio è stato ritenuto valido per molto tempo (millenni nel caso prima
ricordato) vuol dire che aveva pure un certo fondamento.
Bisogna considerare che la realtà cambia: un tempo alle donne veniva riservata
solo la cura della famiglia e della casa, non veniva insegnato loro
l’amministrazione finanziaria e in generale tutto quello che non riguardasse il
loro compito specifico. Allora appariva pure vero che non sapessero
amministrare.
Quello che è negativo del pregiudizio è la sua rigidità, che si mantenga cioè
anche di fronte all’evidenza della smentita, alla realtà oggettiva.
Se siamo passati dagli scongiuri alle medicine è perché lo sviluppo delle
conoscenze mediche ci ha portato a constatare l’efficacia delle une e
l’inutilità delle altre.
Se ora pensiamo che le donne possano anche amministrare è perché non lasciamo ad
esse solo la cura della famiglia ma forniamo ad esse una preparazione uguale a
quella degli uomini.
Quello che sarebbe negativo è che noi considerassimo le nostre pre-comprensioni
come giudizi assoluti, così come fa la cosiddetta cultura woke.
La nostra mente deve essere aperta anche a considerare magari che un certo tipo
di magia sia più efficace delle medicine o che le donne siano meno capaci di
amministrare.
Soprattutto bisogna considerare che per quanto riguarda gli esseri umani le
pre-comprensioni hanno solo un valore statistico e non assoluto. Se dico che gli
uomini sono più alti delle donne mi riferisco solo alla media delle altezze – ma
è abbastanza comune che una donna sia più alta di un uomo. Così, gli uomini
potrebbero essere in media più abili ad amministrare delle donne in media, ma
questo non significherebbe che tutti gli uomini sono più bravi di tutte le
donne.
Torniamo al pregiudizio razziale da cui siamo partiti. Il razzismo è una teoria
secondo la quale l’atteggiamento mentale di un individuo dipenderebbe
dall’eredità genetica: si è intelligenti o meno, buoni o malvagi, ladri o onesti
perché lo si eredita dai genitori. Questo pregiudizio ormai possiamo
considerarlo quasi scomparso, mentre prevale e di molto il pregiudizio opposto:
che tutto dipenda dall’educazione, dalla cultura in cui nasciamo o siamo
educati. Noi pensiamo che un neonato congolese adottato in Italia diventi
culturalmente un italiano, e viceversa.
Tutto questo non significa che non esistano le culture. È evidente che nel mondo
islamico stenta e di molto ad affermarsi, e forse mai si affermerà, la nostra
idea dell’uguaglianza dei sessi. Ma non pensiamo che sia un fatto genetico: in
fondo, hanno una concezione dei rapporti tra i sessi che noi sostanzialmente
condividevamo qualche secolo addietro.
Questo non significa però che una donna musulmana non possa essere emancipata
quanto e più magari di una donna americana: si tratta di fatti statistici.
Pensare che i microcrimini come i borseggi vengano operati dalla parte più
povera della popolazione è un pregiudizio generalmente accettato da tutti;
sarebbe razzismo pensare che gli extracomunitari siano ladri per un fatto
genetico e non per un problema socio-economico. Così come sarebbe negativo
mantenere questo pregiudizio anche quando esso si manifesta infondato: non si
può considerare un bisognoso, italiano o immigrato, come un ladro senza concrete
prove.