Pubblicato
IN DIES il 04/05/ 2025La pace giusta
Giovanni De sio Cesari
Per i due tragici conflitti in corso in Ucraina e in
Palestina si sente continuamente invocare la PACE GIUSTA. Si dice
anzi che una vera pace non può che essere quella giusta, altrimenti
non si tratta di pace, ma solo di una tregua in attesa di una nuova
guerra.
Pare un fatto del tutto evidente, una certezza immediata, diciamo
quasi una tautologia: se la guerra nasce da un’ingiustizia, solo se
tale giustizia viene ripristinata essa termina.
Tuttavia, a ben vedere, la cosa è molto più complessa: in realtà,
chiedere una pace giusta sia in Ucraina che a Gaza (e dovunque)
significa continuare la guerra fino a che la giustizia venga
ripristinata — non si sa bene come e quando questo sarebbe
possibile- e quindi in effetti la continuazione della guerra
Ma cosa è giusto?
In logica distinguiamo i giudizi di fatto (ad
esempio: Tizio ruba) da quelli di valore (rubare è un male). Nel
primo caso si tratta di verificare una corrispondenza alla realtà
effettiva, nel secondo caso invece si tratta del valore che
assumiamo e della valutazione del fatto. Infatti, che rubare sia un
male è un valore che noi assumiamo (in genere ricavandolo dalla
cultura in cui viviamo).
In secondo luogo bisogna considerare se una certa azione può essere
considerata un furto: ad esempio Robin Hood, che ruba ai ricchi per
dare ai poveri, non è considerato un ladro ma un giustiziere, un
eroe.
Quindi il punto centrale su cui bisogna riflettere è
che il concetto di “pace giusta” non è un dato di fatto oggettivo,
ma dipende sia dai valori che assumiamo sia dalle interpretazioni
dei fatti. E in generale ciascuno dei contendenti ha valori diversi
e interpreta i fatti in modo diverso.
Se una delle parti vuole far trionfare la propria idea di giustizia
ritenendola quella “vera”, allora non rimane che continuare la
guerra fino all’annientamento del nemico.
Nella Seconda Guerra Mondiale il nazismo era il male
che la giustizia doveva distruggere: infatti alla fine, con 60
milioni di morti, fu distrutto e i dirigenti furono condannati e
giustiziati a Norimberga. In realtà fu solo una manifestazione
esemplare.
Punire tutti i nazisti avrebbe significato punire la stragrande
maggioranza dei tedeschi che avevano creduto nel nazismo, cosa
peraltro impossibile oltre che inumana. Così avvenne in Germania
(come in Italia e in Giappone, ecc.), che a parte qualche raro
dirigente, tutti gli altri — classe dirigente e semplici cittadini —
rimasero al loro posto e non furono puniti.
Applichiamo gli stessi criteri di giudizio alle due guerre in corso.
Per l’Ucraina, in Occidente si ritiene che la Russia
abbia infranto la giustizia perché ha invaso un altro paese sovrano.
Anzi, si ritiene che se non viene fermata e punita, una tale
aggressione si ripeterà in futuro a danno di altri stati (l’Europa
infatti si riarma).
Ma questa è la giustizia vista dagli Occidentali. Qual è invece
l’idea che se ne fa la Russia, e che è accettata da altri contesti
culturali (Cina, India e tanti altri paesi che in effetti
costituiscono la maggioranza del mondo)?
Per l’Occidente il valore di base è la non invasione di altri stati,
ma per la Russia l’adesione dell’Ucraina alla NATO sarebbe una
minaccia per la sua stessa esistenza.
Anche gli USA hanno, ad esempio, invaso militarmente
l’Afghanistan e l’Iraq, per non parlare poi degli interventi ai
tempi della Guerra Fredda, che causarono anch’essi milioni di morti.
Da una parte, quindi, si invoca il principio di non aggressione,
mentre dall’altra si parla del principio di sicurezza, e si vede la
guerra in Ucraina come una guerra di difesa e non di aggressione
(come avveniva per Afghanistan e Iraq).
Ora, non è questione di stabilire chi ha torto e chi
ha ragione — direi che non avrebbe nemmeno senso — ma di vedere come
sia possibile fermare quella guerra disastrosa, cioè di vedere come
sia realisticamente possibile arrivare alla fine della guerra.
Occorre cercare un compromesso possibile fra le due parti.
A me sembrerebbe che l’unica possibilità in questo senso sia quella
di congelare la situazione così com’è sul terreno.
La Russia non può controllare tutta l’Ucraina, come si era illusa
tre anni fa di poter fare con una semplice operazione militare, e
l’Ucraina non può riavere indietro i territori ormai occupati —
certamente non la Crimea.
Parlare di integrità territoriale dell’Ucraina o, dall’altra parte,
di controllare tutta l’Ucraina significa continuare la guerra a
tempo indefinito, aspettando il momento in cui una delle parti
crolli del tutto — cosa che, a differenza della Seconda Guerra
Mondiale, è difficile che avvenga, perché ciascuna delle parti
(l’Ucraina soprattutto) è sostenuta da altri paesi.
Discorso analogo si può fare per la Palestina.
Si vuole una pace giusta, ma vi sono in loco tre versioni diverse di
giustizia:
per gli ebrei ortodossi la Palestina è stata data da Dio in persona agli ebrei per sempre;
per gli islamisti, invece, essa è stata data da Dio ai musulmani “fino al giudizio universale”;
per i laici di entrambi gli schieramenti e per gli occidentali, va divisa in due stati autonomi.
Qual è la vera giustizia? Dipende dalla visione della
realtà.
e dalla diversa interpretazione dei fatti.
L’attacco a Gaza porta tragedie per quel popolo, nessuno ne dubita.
Ma di chi è la colpa?
Per Hamas e per la maggior parte dell’Occidente è tutta di Israele,
che opera un genocidio.
Per gli israeliani, invece, è tutta colpa di Hamas, che non solo ha
scatenato la guerra con il 7 ottobre, ma soprattutto perché non si
ritira da Gaza.
Si potrebbe raggiungere la pace semplicemente consegnando il
controllo di Gaza all’OLP di Abu Mazen, che continua a richiederlo
invano.
Chi ha ragione, chi è dalla parte della giustizia?
Dipende dai valori e dalle interpretazioni dei fatti.
Ma quello che possiamo dire è che la pace non si raggiungerà se non
con il compromesso di sempre, individuato già nel 1948 dall’ONU: la
formazione di due stati indipendenti, con la rinuncia, da una parte,
a distruggere Israele, e dall’altra a voler tutta la Palestina.
Non perché ciò sia giusto, ma perché pare l’unico compromesso
possibile.