Forse è l’ora della Siria?

lunedì, marzo 28, 2011
di Giovanni De Sio Cesari

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Il punto interrogativo è d’obbligo perchè non è certamente sicuro che  il regime della famiglia Assad venga travolto dall’onda  della rivolta araba, Continuano,è vero,  i disordini,  i tentativi di abbattere i simboli del regime che anzi si sono estesi anche alla stessa zona di origine  della  famiglia  Asad. Tuttavia le sollevazioni restano ancora sporadiche, con un  modesto numero di partecipanti,  nulla di paragonabili alle folle oceaniche di piazza Tharir al Cairo

Vediamo allora brevemente lo specifico  della situazione siriana.

Dopo l’indipendenza ottenuta nel 1946,  una serie di colpi di stato  e una effimera unione con l’’Egitto di Nasser, nel 1963  prese il potere stabilmente il partito socialista  ba’th  ( = resurrezione) che impose la legge marziale tuttora in vigore. L’orientamento politico fu fortemente filo sovietico, dal 1970  prese il potere  Hāfiz al-Asad che governò per pugno di ferro per 30 anni ; nel 2000 mori lasciando come successore  a sorpresa  il figlio Bashar -al-Asad   un  medico che aveva studiato all’estero e che non si era mai occupato di politica. La successione apri grandi speranze di rinnovamento che andarono   pero del tutto deluse: tuttavia la giovinezza e la formazione  occidentale  moderna  lo rendono popolare presso i giovani  che continuano  comunque a credere in lui e ritengono che siano i collaboratori a impedire un rinnovamento: di fronte alle  proteste    Bashar- al Asad annuncia  di volere rinnovamenti radicali che pero fino ad ora sembrano  restare nel mondo delle belle intenzioni.

Ma oltre  alla  relativa popolarità del presidente  vi sono elementi più concreti che  ostacolano il   diffondersi della rivolta

Il primo è la paura: il regime  ha sempre  mostrato una ferocia  nella repressione confrontabile solo con quella di Saddam Hussein ma più sistematica e meno personalizzata. Si ricorda la strage di circa  20 mila persone  con la quale fu repressa. nel 1980, una manifestazione dei fondamentalisti islamici (Fratelli mussulmani ) e l’assassinio o la sparizione  di chiunque osasse opporsi alla  politica del governo: da questo punto di vista gli Occidentali sono stati sempre rassicurati   che il terrorismo non avrebbe base in Siria.  Anche negli ultimi giorni la repressione  è stata durissima e gli agenti non hanno avuto nessuna remora  a  sparare direttamente sui manifestanti

L’esercito sostiene  poi senza tentennamenti   il governo: in Egitto e in Tunisia ha prima esitato e poi passato nel campo degli oppositori , in Libia si è diviso ma in Siria rappresenta il governo ne è la struttura portante ormai da due generazioni.

Va considerata poi la situazione etnico- religiosa. In Siria il 70 % della popolazione è costituito da sunniti, il 10 % da cristiani  e il 10% da alawiti che son il gruppo del presidente e quindi detengono la maggior parte del potere. Il gruppo è un setta degli  sciiti, correligionari  quindi degli iraniani ma pur in dissidenza  con essi. Il regime tuttavia e fortemente laico: questo fatto costituisce una garanzia I Siriani  e poi ll poi disastro senza fine in cui è caduto il vicino Iraq dove il tentativo di introdurre ordinamenti democratici  è finito nell’incubo delle  lotte fra confessioni e gruppi : in Siria ci sono forse  un milione di persone fuggite dall’inferno democratico iracheno  del dopo  Saddam per approdare alla pace della dittatura siriana: è un fatto che oggettivamente frena parecchio gli  entusiasmi per rivolgimenti e cambiamenti improvvisi

Per tutto quindi un complesso di fattori il regime piu repressivo, più chiuso, ancora piu violento  di quello del mitico Saddam Hussein tuttavia è anche il più solido al momento: ma in pochi giorni tutto potrebbe ancora cambiare in modo imprevisto, come spesso succede quando i popoli si muovono

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Nulla foto: manifesti di Bashār al-Asad  sono ovunque in Siria

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