Forse è l’ora della Siria?
Il punto interrogativo è d’obbligo perchè non è certamente sicuro che il regime della famiglia Assad venga travolto dall’onda della rivolta araba, Continuano,è vero, i disordini, i tentativi di abbattere i simboli del regime che anzi si sono estesi anche alla stessa zona di origine della famiglia Asad. Tuttavia le sollevazioni restano ancora sporadiche, con un modesto numero di partecipanti, nulla di paragonabili alle folle oceaniche di piazza Tharir al Cairo
Vediamo allora brevemente lo specifico della situazione siriana.
Dopo l’indipendenza ottenuta nel 1946, una serie di colpi di stato e una effimera unione con l’’Egitto di Nasser, nel 1963 prese il potere stabilmente il partito socialista ba’th ( = resurrezione) che impose la legge marziale tuttora in vigore. L’orientamento politico fu fortemente filo sovietico, dal 1970 prese il potere Hāfiz al-Asad che governò per pugno di ferro per 30 anni ; nel 2000 mori lasciando come successore a sorpresa il figlio Bashar -al-Asad un medico che aveva studiato all’estero e che non si era mai occupato di politica. La successione apri grandi speranze di rinnovamento che andarono pero del tutto deluse: tuttavia la giovinezza e la formazione occidentale moderna lo rendono popolare presso i giovani che continuano comunque a credere in lui e ritengono che siano i collaboratori a impedire un rinnovamento: di fronte alle proteste Bashar- al Asad annuncia di volere rinnovamenti radicali che pero fino ad ora sembrano restare nel mondo delle belle intenzioni.
Ma oltre alla relativa popolarità del presidente vi sono elementi più concreti che ostacolano il diffondersi della rivolta
Il primo è la paura: il regime ha sempre mostrato una ferocia nella repressione confrontabile solo con quella di Saddam Hussein ma più sistematica e meno personalizzata. Si ricorda la strage di circa 20 mila persone con la quale fu repressa. nel 1980, una manifestazione dei fondamentalisti islamici (Fratelli mussulmani ) e l’assassinio o la sparizione di chiunque osasse opporsi alla politica del governo: da questo punto di vista gli Occidentali sono stati sempre rassicurati che il terrorismo non avrebbe base in Siria. Anche negli ultimi giorni la repressione è stata durissima e gli agenti non hanno avuto nessuna remora a sparare direttamente sui manifestanti
L’esercito sostiene poi senza tentennamenti il governo: in Egitto e in Tunisia ha prima esitato e poi passato nel campo degli oppositori , in Libia si è diviso ma in Siria rappresenta il governo ne è la struttura portante ormai da due generazioni.
Va considerata poi la situazione etnico- religiosa. In Siria il 70 % della popolazione è costituito da sunniti, il 10 % da cristiani e il 10% da alawiti che son il gruppo del presidente e quindi detengono la maggior parte del potere. Il gruppo è un setta degli sciiti, correligionari quindi degli iraniani ma pur in dissidenza con essi. Il regime tuttavia e fortemente laico: questo fatto costituisce una garanzia I Siriani e poi ll poi disastro senza fine in cui è caduto il vicino Iraq dove il tentativo di introdurre ordinamenti democratici è finito nell’incubo delle lotte fra confessioni e gruppi : in Siria ci sono forse un milione di persone fuggite dall’inferno democratico iracheno del dopo Saddam per approdare alla pace della dittatura siriana: è un fatto che oggettivamente frena parecchio gli entusiasmi per rivolgimenti e cambiamenti improvvisi
Per tutto quindi un complesso di fattori il regime piu repressivo, più chiuso, ancora piu violento di quello del mitico Saddam Hussein tuttavia è anche il più solido al momento: ma in pochi giorni tutto potrebbe ancora cambiare in modo imprevisto, come spesso succede quando i popoli si muovono
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Nulla foto: manifesti di Bashār al-Asad sono ovunque in Siria
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