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05.12.2008
Le moschee in Italia
di Giovanni De Sio Cesari

La Santa Sede, nella persona di monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, si è dichiarata favorevole alla costruzione di nuove moschee in Italia, a condizione però che perseguano effettive finalità religiose e non si trasformino in luoghi per altri fini, che cioè non diventino un luogo di predicazione dell’ intolleranza religiosa e soprattutto del jihadismo.

L’intervento è in risposta alla proposta della Lega nord di una moratoria nella costruzione di nuove moschee in Italia: secondo Il capogruppo della Lega Nord alla Camera, Roberto Cota, la moratoria è necessaria fino a che non vengano regolati i rapporti con l’ Islam: chiede che si regolamenti ciò che avviene all’interno delle moschee, la iscrizione in appositi registri degli Imam in Italia, l’uso della lingua italiana nell’ambito delle moschee.

Il problema fondamentale è che non esiste un concordato con l’ Islam: nel nostro paese infatti si sono stipulati concordati analoghi a quelli per la chiesa cattolica con molte altre chiese, che pure hanno consistenza numerica molto limitata. Ma non è stato possibile però stipulare un concordato con i mussulmani perché non esiste una "chiesa" mussulmana, cioè una organizzazione che li rappresenti.

Nella Chiesa Cattolica abbiamo un clero chiaramente distinto dai laici, dei vescovi preposti a ogni comunità, conferenze episcopali nazionali e una autorità centrale individuata dalla Santa Sede. Organizzazioni analoghe, anche se meno rigide, si trovano nelle altre chiese cristiane e in quella ebraica.

Ma nel mondo dell'Islam le cose sono molto diverse. Innanzi tutto, come nella concezione del sacerdozio universale di Lutero, non esistono sacerdoti distinti dai fedeli. Soprattutto però non esistono gerarchie religiose. Noi parliamo spesso di clero mussulmano: in effetti esistono persone che si dedicano espressamente alla religione: vi è chi guida la preghiera nelle mosche e quindi soprattutto può rivolgersi ai fedeli con un discorso (corrispondente alla omelia della messa cattolica), abbiamo esperti di diritto islamico, studiosi del Corano, maestri delle scuole coraniche, uomini particolarmente pii. Manca però una organizzazione che medi, che dia pareri generali, che insomma possa parlare per tutti.

Nei paesi mussulmani il controllo viene assunto dallo stato che, nella sua funzione di “difensore dei credenti”, controlla tutta la attività religiosa anche con la nomina dei responsabili delle moschee e delle madrase (scuole religiose, corrispondenti ai nostri seminari), un poco come avveniva anche in Europa prima della laicizzazione dello stato.

Con essa lo stato moderno afferma la libertà religiosa e conseguentemente esclude dalla sua competenza qualsiasi ingerenza negli affari religiosi . Accade, però, che non essendoci né il controllo dello stato né quello della chiesa (islamica che non esiste) chiunque può costruire una moschea, chiunque può pretendere di predicare in nome dell’islam.

Anche quando cerchiamo di conoscere gli orientamenti dei mussulmani in Italia, non sappiamo bene a chi rivolgerci perché non è chiaro "chi rappresenti chi": nei dibattiti televisivi si invitano spesso sedicenti "rappresentanti" mussulmani ma essi parlano a nome personale e non si sa mai quanto le loro idee siano effettivamente condivise dagli altri fedeli dell'Islam. In sostanza, se vogliamo conoscere l'orientamento di una chiesa cristiana individuiamo chiaramente le persone che hanno la "autorità" per farlo, ma presso i mussulmani non esistono "autorità" ma solo persone che hanno un loro "prestigio" in un ambito più o meno ampio.








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