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Riesplodono le tensioni in Tibet e Sinkiang

3 maggio 2013
by Giovanni De Sio Cesari
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Dopo un certo tempo in cui si avevano scarse  notizie di proteste anti cinesi sia in Tibet che in Xinjiang.( Sinkiang secondo la vecchia terminologia) pare che esse siano riesplose. In verità le notizie sono sempre  molto scarse, fornite dalle fonti governative cinesi e poi da organizzazioni uigure o tibetane all’estero che hanno ormai da anni scarsi rapporti effettivi con i loro  rispettivo territori. Si sa che in Tibet il numero di quelli che si immolano per protesta dandosi fuoco  è in continuo aumento

Nel Xinjiang poi si è saputo che ci sono stati violenti scontri in aprile fra forze dell’ordine e militanti  uiguri nei quali hanno perso la vita 25 persone di cui 14 cinesi han e  11 uiguri, secondo  almeno le fonti  cinesi ma in realtà nessuno può controllare veramente :  gli avvenimenti potrebbero essere anche molto piu gravi

 I  contrasti vengono in Occidente considerati come scontri di carattere  religioso ( con i mussulmani in Xinjiang e i  buddisti lamaisti  nel Tibet)  mentre le fonti cinesi negano ogni aspetto religioso proclamando il loro totale  rispetto per le tradizioni religiose e non religiose di tutte le 54 minoranze etniche censite nel paese.

 In realtà lo scontro, pur prendendo spunto da elementi religiosi e culturali, sono propriamente scontridi comunità  che vanno  inquadrate storicamente ed economicamente  

Per comprenderne il contesto occorre distinguere fra una Cina Interna (dove storicamente si è sviluppata la civiltà cinese cio+ degli han) e una Cina Esterna,(un territorio vastissimo ma desertico, inospitale) che invece è entrata a far parte dell’impero cinese dal 1700. In quel tempo infatti gli imperatori cinesi cominciarono a controllare i vasti e desolati spazi ai confini della Cina perché da essi storicamente provenivano le ondate di invasori che minacciavano la Cina.  Tuttavia  in questi paesi, date le immense e incolmabili distanze, vi erano pochi funzionari cinesi con piccoli nuclei di soldati che non modificavano quasi per niente la vita e le tradizioni locali: il controllo cinese poco e niente incidevano sulla loro vita di tutti i giorni

 Alla caduta del’impero (1909) questi territori ebbero un momento di indipendenza terminato, però, nel 1949 alla fine della guerra civile cinese. A questo punto pero lo sviluppo dei mezzi di trasporto ha reso possibile una massiccia immigrazione  in quei territori di cinesi I problemi attuali in Xinjiang e nel Tibet derivano dalla  emigrazione han (cinesi propriamente detti) che, data la estrema esiguità della popolazione locale, altera l’equilibrio etnico: gli Uiguri e i tibetani sono pochi milioni  forse meno di 10 milioni in tutto in un territorio sconfinato e in Cina vi sono 1.200 milioni di Han.
Gli immigrati cinesi si trovano poi a un livello di civiltà e di capacità lavorative nettamente superiori: in pratica i locali vengono emarginati, costretti in ghetti economici e culturali, nella loro stesse sedi avite. Dato pero la sproporzione delle forze in campo, la impossibilità di ricevere alcun aiuto concreto dall’esterno ( chi ora sfiderebbe la Cina) e soprattutto il fatto che ormai sono minoranze anche nei peopri territori fa si che le proteste non hanno nessuna  speranza di ottenere qualche risultato  Una maggiore tolleranza culturale e religiosa puo venire solo dall’evoluzione stessa della Cina nel suo complesso che molti auspicano ma di cui non si vedono affatto i segni

 

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