Pubblicato in " Appunti " febbraio   2015 n 2 ,anno XII       HOME

 

 

ESISTE VERAMENTE UNA CRISI ECONOMICA INTERNAZIONALE ?

 

CON QUALI INDICI MISURARLA ?

 

 

 

Giovanni De Sio  Cesari

 

Indice:  due tesi a confronto -- indici economici - indici e vissuto - indici e crisi  -- ipotesi globali

 

DUE TESI A CONFRONTO

Nel nostro panorama politico ed economico sono presenti due diverse interpretazioni della crisi economica mondiale spesso confuse insieme  e che cerchiamo qui di fare emergere

Tutti d’accordo sui progressi spettacolari ( anche se in  ridimensionamento ) dell’ex terzo mondo e dell’ex mondo comunista ( compresa l’Europa centro orientale). il problema riguarda il mondo avanzato: America, Europa Occidentale, Giappone. Secondo  una prima tesi non esiste veramente una crisi dei paesi avanzati ma solo delle difficolta congiunturali seppure gravi che  sono in via di superamento o ormai gia superate  in alcuni casi ( America e paesi del nord Europa). Esisterebbe  solo invece un caso Italia e di qualche altro paese mediterraneo che non ha potuto o voluto adottare delle misure appropriate e necessaria ( le riforme di cui tutti parlano)

 Secondo una seconda tesi  esiste  una crisi generale dei paesi avanzati che in alcuni paesi, fra cui spicca  l’Italia, è più grave sia per  ragioni strutturali storiche sia per la incapacità  dei governi succedutosi  di adottare le necessarie riforme.

 Tutti d’accordo quindi sulla opportunità o meglio, necessità delle  riforme in Italia, sulla  mancanza dell’azione dei governi italiani  che non si sono giovati degli effetti benefici dell’euro.

Il problema in discussione è fondamentale :  se la crisi è generale ( dal Giappone agli USA ) allora questi fatti italiani spiegano la maggiore gravita della crisi italiana  non la crisi in generale ed occorre quindi ricercare una spiegazione globale e generale di essa. Se invece la crisi generale non esiste,  allora  abbiamo solo un caso italiano che va spiegato con ragioni puramente italiane  ( mancanza di riforme )   

Non è questione teorica: nel primo caso bastano le riforme , nel secondo no: il declino generale può essere inevitabile o forse bisogna  cambiare profondamente il modello economico sociale.

   

INDICI ECONOMICI

La scelta fra le due tesi  non sembra  di difficile soluzione se noi guardiamo agli indici economici  piu comunemente usati: il PIL , occupazione, incom   (redditi ). Secondo questi indici, in effetti,   risulta predominante la prima tesi: la crisi nel complesso è generalmente superata e  colpisce ancora  solo qualche paese come l’Italia

Tuttavia si pone un altro problema: effettivamente gli indici tradizionali rappresentano o meglio rappresentano ancora la realtà effettiva oppure sono, non solo  imprecisi ( cosa che nessuno mette in dubbio ) ma anche inattendibile e quindi fuorvianti nella situazione economica attuale che presenta caratteri diversi da quella  di qualche decennio fa  per la quale quindi bisognerebbe  riferirsi ad altri indici che per ora non sono sufficientemente  valutati e adoperati

 

PIL

Esso misura nelle sue varianti il reddito medio  Famosa la obiezione dei due polli: risulta che tutti mangiano un pollo al giorno anche se la metà ne mangia due e l’altra meta nessuno. Attualizzando:  il PIL che diminuisce  di 10 punti puo significare sia che nel complesso il livello è sceso mediamente del 10% ( chi il 15, chi il 5, qualcuno del 20,qualcuno dello 0 ) ma anche che il 10% della popolazione è rimasta senza lavoro e senza reddito . Nel  primo caso nessun problema particolare, nel secondo una tragedia immane che puo travolgere l’intera economia  nazionale  (caso Italia)

Tuttavia nel passato il PIL si spalmava  un po su tutti anche se in varia misura e fino agli anni 80, le differenze del redditi fra le varie componenti   della popolazioni occidentali  tendeva ad attenuarsi e diminuire. Dagli anni 80 in poi invece si nota una progressiva  divaricazione dei redditi : questo   significa che se fino agli anni 80 effettivamente si aveva un miglioramento generale,  attualmente puo anche accadere che esso in effetti non ci sia all’elevamento del PIL ma che solo o quasi esclusivamente se ne giovino i ceti più ricchi   .

Notiamo ad esempio  che la rivoluzione in Iran del 78 e le rivolte della  Primavera Araba sono scoppiate  proprio in momenti di espansione  del PIL i cui benefici pero si fermavano a un ristretto ceto.

 

OCCUPAZIONE

Se noi consideriamo  disoccupati quelli che dichiarino in qualche modo di voler lavorare, diamo i numeri del lotto più che della disoccupazione. Si sa bene che questi dichiarazioni o azioni dipendano soprattutto dalla  aspettativa di provvidenze statali. Il numero dei disoccupati quindi diminuisce se queste provvidenze non ci sono e aumentano invece se ci sono e soprattutto se si aspettane che vengano adottate .  

 Più significativo  è considerare gli occupati rispetto alla forza di lavoro, cosa che viene fatta raramente. Per esempio la Spagna ha una disoccupazione  doppia rispetto a quella  italiana ma se consideriamo il numero degli occupati rispetto a quello che potenzialmente  potrebbero lavorare, scopriamo, con meraviglia, che in realtà la Spagna ha meno disoccupati dell’Italia.

Il problema centrale pero è che  risultano occupati quelli che hanno un contratto regolare  non quelli che lavorano in nero, in semi nero in nero legalizzato, nella illegalità ( un vero esercito in Italia )

D’altra parte si considerano statisticamente  occupati quelli che hanno un contratto a termine-termine , con 600 euro ( che hanno sostituito i mille di qualche

anno fa) o partite IVA  in fallimento che invece andrebbero chiaramente conteggiati fra i disoccupati . 

 In Germania vi sono bel   7 milioni di lavoratori occupati in  mini jobs con un guadagno medio di 600 euro che vengono conteggiati fra gli occupati : in Italia sarebbero lavoratori in nero e conteggiati fra i disoccupati.

Nel passato invece si assisteva a un  costante  miglioramento normativo che accompagnava  quello retributivo: il rinnovo dei contratti significava non solo aumento dei salari ma anche e soprattutto miglioramenti della posizione lavorativa

 

INCOM

Il reddito non è solo incom,   netto o lordo . cosa che è già molto dubbio come calcolare: bisogna considerare anche tutte le provvidenze: ad esempio assistenza sanitaria, pensioni,  trasporti, sussidi di ogni genere,  scuole, soprattutto situazione occupazionale: sono piu importanti del 10% o il 20% delle incom

 Nel passato si assisteva sempre a  nuove provvidenze dello stato in ogni campo: era quasi  inconcepibili che diminuissero gli interventi. L’aumento delle icom era quindi sempre reale e  in effetti inferiore  a quello reale.   

Ma ora si riduce l’intervento pubblico ( lotta agli sprechi, risanare il bilancio) come è avvenuto  dappertutto  in questi anni: i redditi più  bassi ( soprattutto  essi ) hanno avuto  un taglio anche se l’incom sia  rimasta inalterata o anche migliorata.

  Il grafico degli incrementi salariali  non dice molto se non in correlazione agli interventi statali. Ad esempio .un nido comunale che prima costava 100 euro al mese ora ne costa 400 euro ( 600 in piu  per due figli)  sono cose che andrebbero calcolate:  infatti  600 per due figli euro sono una mazzata ben maggior del  10% dell’incom

Al limite bisognerebbe considerare reddito dei cittadini tutte le spese pubbliche : la loro diminuzione generalizzata  attualmente quindi  sarebbe diminuzione dei redditi   ma poi si dovrebbe considerare che le fasce piu povere hanno di piu di quanto versano e al contrario quelle piu alte.

 Un calcolo molto complicato, ma si potrebbe  fare:  darebbe un immagine delle reddito reale  che non è solo quello che incassiamo .

 

 

 

INDICI E VISSUTO

Ora guardiamo all’ Italia, il paese di cui abbiamo esperienza diretta e  vediamo che ci dicono gli  indici tradizionali  ( PIL, incom, occupazione) Dicono che il PIL  è sceso negli ultimi  5 anni di quasi 10 punti ed è uguale a quello del 2000 e comunque molto superiore  a quello di una generazione fa. Risultati  simili si hanno considerando gli altri due indici , E allora perchè parlare di un  dramma, di una nuova  generazioni che vivrebbe  peggio delle precedenti   invertendo un  trend ormai scolare? Chi si  accorgerebbe che  negli ultimi 5 anni è sceso a quello  di 10 anni fa? e comunque solo  di qualche punto?  Dove starebbe la crisi?

Il fatto è che la esperienza diretta ci dice cose molte diverse da quelle degli indici degli economisti : la situazione economica  rimasta  invariata in 10 anni non rende il dramma. Consideriamo che si sono persi un milione di posti: questo significa un milione di famiglie in  difficolta  se non in disperazione Questo è un parametro che mostra la crisi, uno dei tantissimi. Ci sono i giovani che non trovano lavoro , il dilagare del precariato e del nero, la famosa quarta settimana,  i giovani non più giovani che restano in famiglia, e cosi  via

E’ vero che le impressioni sono soggettive: ma la presenza di una  crisi italiana che non puo essere riportata a qualche  punto di reddito  in meno è osservazione generale, condivisa  da tutti.

Non  si tratta di impressioni soggettive ma di  parametri che vengono poco approfonditi:  non parlo di parametri quali la felicita, la soddisfazione personale la vivibilità che sono altra cosa

La  situazione è rilevata in tanti studi, vi sono anche altri indicatori: il PIL  non è l’alfa e l’omega:  il numero sempre crescente dei giovani non piu giovani non ancora autonomi, il calo demografico, e poi l’impennarsi  del numero dei pasti gratuiti, dei vestiti smessi , dei pacchi viveri che prima erano una esclusività di immigrati ed emarginati  e ora trovano anche lunghe file di poveri vergognosi, magari anche  con laurea e master

La “foto” annuale dell’Istat ce ne da una idea anche se incompleta rispetto alla esperienza diretta 

Non è che i giovani italiani quando “acchiappano” un lavoro guadagnano poi meno della generazione precedente , non credo, non saprei: comunque fino al 10% almeno la cosa non viene nemmeno notato ( mentre  sarebbe una enormità nei grafici): vedasi il  fallimento degli 80 euro. Ma il  dramma  che coinvolge una intera generazione è il venir meno della fondata aspettativa di non perdere il lavoro, di una pensione uguale all’ultimo stipendio, una  liquidazioni, assistenza medica, basse tariffe trasporti e tanto altre indiretti  aiuti statali. I giovani passano da un precariato a un altro, lavorano  senza limiti di tempo,  corrono il rischio di perdere lavoro dopo i 40 anni, le pensioni sembrano un miraggio, le agevolazioni evaporano. Difficile  fare un mutuo per la casa,  difficile mettere su famiglia e avere figli.   Tutto  questo non appare sufficientemente  nelle statistiche dei redditi  sensibili invece al 1% e anche meno: si riportano   di piccole variazioni di redditi  praticamente  irrilevanti

 

 

INDICI E CRISI

Allora viene da pensare  che se avviene per l’Italia che i parametri  non rendano piu la situazione reale  forse avviene anche per altri paesi.  I  dati PIL, incom e occupazionali   dimostrano che non c’è più nessuna crisi nei paesi avanzati ma  dubito che essi siano ancora significativi  come lo furono nel passato

Il miglioramento  del PIL , la creazione di posti di lavoro, andamenti dei salari  sono  cose assolutamente positive e   sono  fatti correlati: sono facce dello stesso  fenomeno. Tuttavia io osserverei che la creazione di  nuovi  posti e l’andamento dei salari  ( o meglio  il recupero  rispetto all’ anti crisi ) non mi dice  se essi assicurano migliori o peggiori condizioni di vita di quelli persi prima:  potrebbe  essere avvenuto nel complesso un peggioramento  del livello economico

 Ci chiediamo: allora ma  il  tedesco o l’americano medio sta meglio o peggio di 10 o 5 anni fa? Considerando ovviamente tutto il complesso: assistenza  trasporti e prospettive pensione ecc ecc

Forse paesi  come la Germania ed USA hanno superato la crisi    abbassando  il  livello reale di vita ? e questo non porterà necessariamente a crisi future ?

 

Se parlo con amici americani  mi dicono che si lavora di piu, che si guadagna di meno e che non è nemmeno tanto facile trovare un lavoro  come prima : l’America non è più la terra delle  opportunità, mi dicono:  sarà vero? Non lo so ma so che questo è la domanda più importate e alla quale gli indici  statistici  PIL incon  e disoccupazione non danno risposte attendibili

Certo il nord Europa  non ha  problemi  ma ha ridotto in pratica il suo tenore di vita (meno salari, meno assistenza, meno  pensioni) perche aveva un livello di vita ( e una compattezza sociale)  che lo rendeva possibile: hanno tutti paura di una politica espansiva

 I piccoli  miglioramenti che si colgono nei  PIL, in realtà,   sono il risultato dell’aumento dei redditi  delle fasce già ricche   e preparano una crisi ulteriore :  il rapporto fra  crescita e  miglioramento livello  popolare  pare interrotto dopo molte generazioni . 

Tutto questo deve avere una spiegazione: senza individuarla i nostri rimedi non possono che avere una efficacia temporanea 

Per creare nuovi posti di lavoro occorre una crescita  sostenuta : se per i paesi avanzati in genere è possibile solo una piccola crescita  allora  non è possibile recuperare posti perduti e quindi non abbiamo una uscita  vera dalla crisi .ma solo una fluttuazione che prepara  nuove crisi

Il nostro  un  discorso epistemologico sui limiti della scienza economica  cosi come si fanno sulla  storiografia, sociologia o anche fisica Gli economisti non  hanno previsto la crisi nè quelli ortodossi ne quelli dissidenti:  non riescono a vedere gli sviluppi: ogni anno sembra essere quello della  ripresa : le previsioni appaiono sempre smentite da fatti non previsti. Da cosa dipende: forse  gli economisti sono come i politici:  non possono fare previsioni ma al più capire il senso generale degli avvenimenti  che è cosa diversa

Si può  pero anche pensare che questo deriva dal fatto che i parametri su cui lavorano non siano attendibili ( non che siano solo imprecisi) : gli occupati non  sono solo quelli che hanno un contratto registrato, le entrate non corrispondono  al reddito, il PIl non rende l’effettiva dinamica economica.  

PIL e incom e salari  rendono ancora oggi  bene la realtà come nel passato   oppure  occorre vederne altri ( mense caritas , giovani non piu giovani ecc) ?

Al di sotto delle regole formali ( legali, etiche ) esistono altre regole di comportamento  spesso opposte alle prime : mi pare che la  scienza economica dia piu importanza alla prima che alle seconde

Se   gli indici generalmente usati non  danno conto della crisi moderne (per i motivi che ho detto)   e occorrerebbero vederne altri : sarebbe  interessante notare se i poveri e semi poveri sono in aumento o in diminuzione rispetto al 2005.  : non vedo nessuna  indagine a proposito.

 

IPOTESI GLOBALI

Ipotizzando che  la crisi sia una fatto generale del  mondo avanzato (Giappone, Europa,  USA) bisogna ipotizzare  una causa altrettanto generale

A mo di esempio ne enumererei di tre generi

 

1 previsione marxiana

mi riferisco al Marx di Althusser non a quelle della scuola di Francoforte: non  si parla di alienazione ma di un processo economico oggettivo, una previsione scientifica, come si esprimeva Marx. La previsione, molto ragionevole e convincente, (che non sto a riportare) era di una crisi di sovrapproduzione insuperabile per la crescente distanza fra poveri  e ricchi (proletari e capitalisti), previsione  che non si è avverata per oltre un secolo e mezzo  ma che per qualche motivo invece ora torna ad affacciarsi

 

2  globalizzazione

se l’economia di tutto il mondo si uniforma, si mette in correlazione (competività) si uniformano anche i livelli di vita dei lavoratori cioe praticamente i nostri finiscono se,  non come quelli cinesi, almeno come quelli polacchi.

 3 politica economica errata

   soprattutto nell’eurozona. troppo attenta alla crescita e troppo poco alla  distribuzione, una base monetaria insufficiente, piu timore  della inflazione che della  deflazione  e cosi  via . Il dibattito fra i paesi europei  non avviene sul "merito" economico delle eventuali misure, si discute solo del "rispetto degli impegni presi",

 

 

 

 

 

 

 

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