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INAUGURAZIONE DEI CORSI DELLA FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE PER L’ANNO ACCADEMICO 2004-2005
AULA MAGNA del Polo delle Scienze Sociali

Alle ore 11.00 del 16 novembre 2004, dopo una breve introduzione del Preside prof. Sandro Rogari, alla presenza di numerose autorità civili e militari, il prof. Umberto Gori ha inaugurato i corsi della Facoltà con una prolusione sul tema:

Il flagello del terrorismo e la sfida dell’intelligence

 Carissimo Preside, Autorità civili e militari, Colleghi, Studenti, Ufficiali laureandi dell’Accademia Navale, Ufficiali frequentatori dei Corsi alla SGA, Signore e Signori,
 

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Secondo alcuni osservatori (Prof. Giovanni De Sio Cesari), l’11 settembre viene considerato “un colpo di genio”. Infatti, si argomenta, gli USA avevano appoggiato gli elementi più religiosi islamici in funzione antisovietica in Afgahanistan ed erano vicini all’Arabia Saudita dove la Shari’a è sempre stata osservata. E allora, perché l’attentato alle Due Torri e al Pentagono ? La risposta che viene data è che, visto che il fondamentalismo all’interno del mondo islamico non aveva dato i frutti sperati (inutilità della guerra Iran – Irak costata un milione di morti, débacle del FIS in Algeria, situazione da incubo in Afghanistan), Al Qaeda, colpendo gli Stati Uniti, ha voluto unificare il mondo islamico diviso in una guerra santa contro il “Grande Satana” occidentale e indicare al disprezzo i regimi arabi collaborazionisti. Al posto di guerre inconcludenti e fratricide fra iraniani e irakeni, fra Pashtun e Tagiki e Uzbeki, non certo considerabili come Jihad, subentrava, con la guerra portata dagli USA in Afghanistan prima e in Irak poi, una vera grande guerra religiosa unificante i fedeli della Umma. L’attentato alle Twin Towers, cioè, sarebbe stata una deliberata provocazione.
Le forze in campo non consentono di scommettere sulla vittoria del fondamentalismo. Il terrorismo ha sempre fatto danni incalcolabili, ma raramente, per non dire mai, ha vinto nel corso della storia. Ma gli attacchi continuano e continueranno per molto tempo. Accanto al comportamento razionale dei terroristi coesiste infatti una visione ‘millenaristica’ impermeabile all’esperienza, ma che confida unicamente nell’aiuto divino.
Se questi sono gli obiettivi del terrorismo di matrice islamica, cerchiamo di capire adesso quali sono le cause di esso. Un’analisi in questa direzione è importante, anche per cercar di sfatare un luogo comune, troppo spesso ripetuto anche da noi, che unica causa del terrorismo siano le ingiustizie perpetrate dall’Occidente sui popoli dell’Islam.
Beninteso, le Potenze occidentali non si sono comportate sempre da ‘Dame di San Vincenzo’. Ciò che voglio dire è che le ingiustizie, ancorché perpetrate, non giustificano, ma soprattutto non spiegano, il ricorso a comportamenti aberranti, nel migliore dei casi ‘medioevali’.
Non ho usato senza riflettere questo aggettivo. Il radicalismo arabo-islamico nasce dalla percezione della vistosa arretratezza del Dar al Islam nei confronti del mondo occidentale cristiano. Su questo punto si affrontano due tesi: secondo il nostro parere, le società islamiche non si sono, nella stragrande maggioranza dei casi, modernizzate, non hanno sviluppato forme di Stato di diritto e di democrazia, sono rimaste ancorate a forme ancestrali di civiltà (tanto è vero che chi ha fatto sostanziali passi in avanti, come la Turchia, Stato che ben a ragione, nonostante i dubbi di molti, può definirsi laico, non solo è estraneo al terrorismo, ma tende ad omologarsi ai valori che sono sottesi alla civiltà europea e occidentale).
La tesi diametralmente opposta, quella fondamentalista, ritiene che la decadenza del mondo arabo-islamico sia dovuta all’abbandono della più pura tradizione islamica (da qui l’odio verso i Paesi arabi c.d. collaborazionisti) e che sia necessario tornare ad essa per far risorgere il glorioso passato. Fra questi due punti di vista è estremamente difficile, se non impossibile, un qualsiasi accordo. Ha forse ragione Fukujama quando, rispondendo al suo antico Maestro, Samuel Huntington, dopo l’11 settembre, riconferma la validità della propria tesi, secondo la quale “il conflitto che affrontiamo non è lo scontro di varie culture uguali e distinte in lotta tra di loro, come le grandi Potenze dell’Europa del XIX secolo. Lo scontro consiste in una serie di azioni di retroguardia da parte di società la cui tradizionale esistenza è in realtà minacciata dalla modernizzazione. La forza della reazione riflette la severità di tale minaccia”.
In effetti, nella nostra cultura ormai, volendo radicalizzare, civiltà e scienza da una parte e religione dall’altra sono concetti antinomici: Il sistema scientifico moderno è nato in Occidente in funzione anti-potere e anti-Chiesa. Non per niente quest’ultima, che pure ha dato fondamentali contributi al pensiero, condannerà Galileo (riabilitato solo in questi ultimi anni). La scienza si dissocia progressivamente dalla religione e questo distacco troverà il suo punto massimo nella teoria di Darwin. La strada della scienza, fatta di razionalità e di materialismo, contrasterà sempre di più con la prospettiva cosmologica e religiosa dei rapporti fra l’uomo e l’universo. Al punto che Jamal el-Din al Afgani ha sostenuto che la superiorità tecnologica dell’Occidente è stata una conseguenza dell’abbandono della rivelazione cristiana. Solo oggi, sia pur timidamente, la scienza, ed in primis la fisica, nel nostro mondo sembra riconciliarsi con alcuni capisaldi della sapienza antica.
Dato il tutt’uno esistente fra politica, cultura e religione, la difesa della loro civiltà diventa per gli Islamici, soprattutto per gli integralisti, una difesa della fede. E’ questa visione dogmatica che porta a conseguenze estreme.
Ovviamente, sia che venga percepita in buona o in mala fede, la questione delle ingiustizie deve essere valutata attentamente. La propaganda fatta dai leaders del terrorismo, con la quale attirano proseliti, predica la volontà e la necessità di riparare i torti subiti. Quindi, se l’intelligence, come si vedrà, è l’arma fondamentale per ostacolare il terrorismo, una politica estera che abbia come stella polare la giustizia è l’arma che può sottrarre al terrorismo consensi nell’opinione pubblica dei Paesi islamici, oggi generalmente compiacente.
Siamo arrivati qui al problema delle misure di contrasto.
Nessuno dubita che il terrorismo debba essere combattuto. Si confrontano però due posizioni su come debba essere fatto. Da una parte, si sostiene che le guerre guerreggiate non risolvono il problema ma che anzi lo rendono ancor più virulento anche perché nascondono, talora, obiettivi non dichiarabili. Chi parteggia per questa tesi sostiene la necessità di non derogare dalla legalità interna e internazionale e ritiene che debba esser fatto tutto il possibile per tener conto delle rivendicazioni avanzate e raddrizzare le ingiustizie. Del resto, come è possibile fare la guerra a realtà volatili, mutanti, invisibili, transnazionali e strutturate a reticolo ?
he sofisticate che non sono frequenti all’esterno del mondo universitario. Basti pensare alle difficoltà delle analisi previsionali che non possono mancare nei rapporti ai centri decisionali. La consecutio logica è questa: intelligence (cioè capacità di raccolta,
        elaborazione, interpretazione dei dati necessari al processo decisionale), previsione, sulla base dei risultati ottenuti, pianificazione/programmazione dell’azione politica, quest’ultima funzione essendo riservata agli organi di governo.

 


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