Pubblicato su www.cattolici.net   lunedi  12/12/04               HOME

 

Problemi e società

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Dal di che nozze....

di Giovanni De Sio

Dal dì che nozze e tribunali ed are
Diero alle umane belve esser pietose
Di sè stesse e d'altrui

Cosi cantava il Foscolo nei Sepolcri. Ma poi sarà vero che ci fu un tempo in cui gli uomini non conoscevano il matrimonio, nè la giustizia nè la religione? E donde nasceva questa idea nel Foscolo e perché essa si mantiene tuttora presso molti? 

Va innanzi tutto definito il quadro culturale entro il quale l’idea foscoliana   ha preso corpo. Fino al '600 la cultura europea aveva una visione storica che univa due elementi fra di loro profondamente eterogenei. Da una parte si risaliva alle storie di Greci e dei Romani includendovi anche le antiche leggende di Romolo e di Troia. Per il periodo precedente ci si allacciava alle storia bibliche a Mose, a Noe fino ad Adamo. Nelle cronache medioevali si passava  da Noe a Romolo a Cesare per arrivare a descrivere  i fatti del proprio tempo, di questa o di quell'altra famiglia del proprio comune in una commistione che a noi moderni appare veramente  assurda. Nel 700 invece si rinuncia a collegare le storia biblica con quelle degli antichi. Il "prima" dei greci  e degli antichi in generale non è più riempito dalla torre di Babele e da Abramo ma si pensa a un uomo primitivo, allo "stato di natura" da cui si era evoluto nel tempo  l'uomo della civiltà.

Si cominciò nel pensiero politico a postulare  un uomo "allo stato di natura" che segue cioè la natura come qualunque altro essere vivente e che solo in seguito forma lo stato e la civiltà. Appaiono due opposte valutazioni ( con tutte le loro combinazioni e sfumature possibile), una negativa e una positiva dell'uomo "di natura."  Ad esempio Hobbes ritenne che il "primitivo" fosse in una terribile stato di eterna guerra di tutti contro tutti: homo homini lupus (uomo come un lupo per l'altro uomo). Darwin fu scioccato da episodi di incredibile violenza a cui aveva assistito durante il suo famoso viaggio (come l'assassinio di un bambino che aveva fatto rompere delle uova) e  considerò i "primitivi" come dei bruti infinitamente lontani dall'uomo civile .  Rousseau invece vide l'uomo allo stato di natura come l'uomo genuino, l'uomo incontaminato dai vizi della civiltà e nelle sue opere e  propugnò un ritorno allo stato di natura anche senza rinunciare ai vantaggi della civiltà.

Il mito negativo o positivo del primitivo era poi alimentato dai racconti dei naviganti (in particolare dei mari del sud), racconti parziali, unilaterali, nati da rapporti superficiali ed episodici. spesso esagerati per stupire, per polemizzare. 

 In seguito l’evoluzionismo ha  affermato la teoria che l’uomo è il prodotto di una lenta evoluzione animale e pertanto appare verosimile che esso in un tempo passato avesse delle caratteristiche animali

Ma veramente è esistito un tempo in cui gli uomini hanno vissuto allo "stato di natura"? 

Allo stato attuale delle nostre conoscenze la riposta non può essere che assolutamente negativa: tutti i popoli che la etnologia ha studiato nell’ultimo secolo conoscono matrimoni e tribunali e soprattutto hanno religioni anche se con caratteri molti diversi dai nostri.

In realtà l’idea che gli uomini siano passati attraverso lo stato ferino è la logica  conseguenza della negazione della  affermazione  biblica ( e in genere di ogni religione) che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza: tuttavia malgrado la scienza escluda  in modo assoluto l’esistenza dell’uomo-bruto tuttavia per motivi filosofici  o meglio ideologici molti continuano a crederci

L’uomo è stato sempre uomo e non è mai esistito l’uomo-bruto : è una verità scientifica: tuttavia stranamente quando i credenti lo affermano sono  tacciati di essere “antiscientifici” mentre quelli che ne sostengono la esistenza si sentono paladini della scienza : tanto può il furore ideologico!

 

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