Pubblicato su www.cattolici.net   lunedi,4/10/04

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Credere in quello che si vede
di: Giovanni De Sio

 

È abbastanza corrente l’opinione di coloro che dicono di non aver fede perché credono solo in quello che vedono e che è impossibile chiaramente vedere Dio o l’anima che non sono cose che cadono sotto la nostra esperienza sensoriale. L’opinione è antica forse quanto la filosofia stessa e in ogni epoca non mancano formulazioni filosofiche che più o meno esplicitamente affermano una tale prospettiva. Modernamente si fa in genere riferimento al “positivismo logico”ultima e coerente affermazione del principio che stiamo esaminando . Esso afferma che il linguaggio è solo il modello della realtà e che quindi ogni parola ( e ogni enunciato ) per avere un senso deve corrispondere a qualche elemento della realtà che possa essere oggetto di esperienza. Pertanto termini come “sole” o “prato” hanno un significato in quanto ad esso corrispondono o possono corrispondere delle esperienze sensibile ma parole come “Dio” e “anima” non corrispondono a nessuna esperienza possibile e quindi sono prive di senso. Al metafisico allora bisogna rispondere non che dice cose errate ma che dice cose prive di senso. Non vogliamo ora tediare con un discorso filosofico che sarebbe troppo tecnico ma di mostrare le conclusioni assurde a cui giungeremmo se seguissimo coerentemente queste teoria.
Mettiamoci nell'ottica di chi ritenga che l'unica conoscenza veramente valida sia quella cui sia applicabile il principio di falsificazione. Si può agevolmente dimostrare che l’arte, la storia, e la stessa scienza allora sarebbero impossibili. Tuttavia soffermiamoci sui campi più comuni:
IL DOVER ESSERE. La morale, le finalità dell'educazione, della politica costituiscono modelli ideali che non sono mai realizzati interamente nella vita concreta. Pertanto non possono essere oggetto di verifica sensoriale: anche se nella realtà nessuno è giusto, non per questo il giusto cessa di essere il modello a cui dobbiamo tendere.
SCELTE PERSONALI DI VITA. Dobbiamo notare che nella nostra vita siamo comunque sempre nella necessità di prendere decisioni personali di grande importanza (scelta del coniuge, della professione, ecc.) o di piccola importanza (scelta del luogo di vacanza, di un certo tipo di abito) Nemmeno in questi casi si può applicare il principio della verifica empirica . Non è certamente possibile pensare di potere sperimentare varie soluzioni per accertare quale è la migliore, sia perché in molti casi sarebbe praticamente impossibile cambiare scelta, sia perché anche se questo fosse possibile, due situazioni non sono mai identiche.
Lo scienziato, infatti, può a piacimento (relativamente) modificare le situazioni e osservare le conseguenze (ad es. mettere molti corpi nell'acqua e vedere il loro comportamento) ma io non posso cambiare molti coniugi o sperimentare molte attività (poiché occorre molta parte della mia vita per riuscire a rendermi padrone di una) e d'altra parte un luogo di vacanze può soddisfarmi un anno ma non un altro anno perché sono mutate le condizioni (un anno vi può essere buon tempo e un altro cattivo tempo, io stesso cambio da un anno all'altro).
Sarebbe quindi coerente escludere le questioni religiose se effettivamente noi poi escludessimo anche la morale, la politica , e anche le scelte personali. Poichè non credo che alcuno voglia giungere a tali assurdità, allora possiamo concludere che le idee religiose possono essere esaminate non dal punto di vista della verifica empirica ma dalla razionalità dalla coerenza dalle argomentazioni per la morale, la politica , le scelte personali
In fondo le cose più importanti non sono quelle che si vedono ma quelle che non si vedono: come diceva Wittgenstein ,filosofo di analogo indirizzo a quello esaminato:” Anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche avessero una risposta, i nostri problemi vitali non sarebbero ancora neppure toccati “ .