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Problemi e società

MORALE E LAICITA'

Giovanni De Sio

Lunedi, 8 ottobre 2007 -- (PROSSSIMO ARTICOLO: 5/11/07) ------------------ Non sarebbe corrispondente alla verità affermare che i non credenti non abbiano morale e che solo i credenti siano in grado si agire moralmente E’ esperienza comune e innegabile che molte persone, pur non essendo credenti, si comportano in modo irreprensibile, che sono mossi anche da sincero spirito di carità e dall’amore del prossimo cosi come parimenti è innegabile che purtroppo molti che pure si dicono e sono effettivamente credenti in realtà agiscono poi in stridente contrasto con i principi etici proposti dalla propria fede. Sarebbe quindi del tutto fuorviante identificare il campo dei credenti come il campo dei virtuosi e dei buoni e quello dell’ateismo come il campo del male dei malvagi: le cose non sono certo cosi semplici Il problema è un altro: il credente è in grado di giustificare razionalmente ed sostanziare la sua adesione alla morale cosa che invece è difficile per un non credente Infatti il bene per il credente è la legge di Dio, legge che si trova nel fondo dell’animo umano ma anche contemporaneamente è stata rivelata da Dio stesso attraverso le Sacre Scritture Non uccidere, non rubare , non commettere adulterio: sono per il credente leggi insite nel profondo dell’animo umano, sono la legge di Dio, posano sulla sua maestà, sono certe, indiscutibili Ma come può un non credente fondare la morale: perché mai sarebbe male uccidere, rubare e commettere adulterio se questi fatti gioverebbero al nostro interesse o semplicemente soddisfacerebbero i nostri desideri e impulsi? Molte teorie sono state escogitate: l’interesse personale, le esigenze sociali, il sentimento personale. Ma sono tutti ragionamenti che non reggono ad una critica appena approfondita : non si vede in nessun modo come il singolo, spinto dal proprio interesse o desiderio dovrebbe andare in direzione contraria sacrificando l’uno e l’altro:perchè dovrebbe farlo? Una morale senza una religione che la ancori alla legge eterna data da Dio rimane senza un vero fondamento: al momento opportuno il singolo individuo non trova delle ragioni forti. Se Dio non c’è allora tutto e lecito: il confine fra il bene e il male è semplicemente una linea convenzionale posta dalla società che il singolo non ha ragione di osservare, anzi il limite fra il bene e il male non esiste nemmeno: la legge morale diventa semplicemente una serie di tabu oltre i quali l’uomo deve andare per realizzare se stesso, le leggi morali una costrizione da cui l’individuo deve sapere liberarsi per celebrare la propria libertà E poi soprattutto chi stabilisce ciò che e è bene e ciò che è male? Ciò pero non significa, come notato sopra, che un non credente non possa agire moralmente: infatti comunque la legge divina è pur sempre nell’intimo dell’uomo e quindi pur sempre può essere seguita, Dobbiamo poi pensare che storicamente certi principi proposti dalla religione si diffondono nella società e anche privi della loro motivazione fondamentale comunque continuano ad operare. Ad esempio, possiamo constatare che il principio dell’uguaglianza degli uomini è un chiaro principio del cristianesimo ( e di altre religioni): tuttavia un tale principio è poi passato nella cultura,anzi viene fatto valere anche in certi ambienti con me se fosse in contrasto con la stessa religione Ma fino che punto un comportamento può durare se viene staccato dalla sua giustificazione, dalla sua ragion d’essere ? -------------------

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