Pubblicato in "Osservatorio intenazionale  " giugno   05,n 25 ,anno III                    HOME  

 

IRAQ, PETROLIO ED AFFARI

 

 E’ comunemente  diffusa a livello  popolare la convinzione che la guerra in Iraq c’entra con il petrolio: per alcuni più radicali  il petrolio è l’unica vera causa, per altri invece solo la più importante o almeno una delle più  importanti. Ma vediamo il senso e la fondatezza di questa opinione. Innanzi tutto occorre chiarire in che senso  il petrolio ne è alla base. Se si intende che gli USA  sono interessati alla produzione, in generale, del petrolio non vi sono dubbi. Bisognerebbe solo aggiungere  che  non solo gli Usa sono interessati al petrolio ma tutto il mondo: che succede se il prezzo del petrolio sale? i paesi MOLTO  ricchi (USA) hanno DELLE difficoltà, i paesi pure industrializzati ( Italia) hanno GROSSE difficoltà , i paesi EMERGENTI ( est asiatico) CROLLANO miseramente nel sottosviluppo, per  i paesi sottosviluppati è la CATASTROFE. Per i paesi produttori vi è un maggiore incasso ma se si superano certi limiti vi è convenienza a usare fonti alternative e quindi rischiano il  tracollo: il prezzo non è fissato per fare un favore ai consumatori ma tiene conto della convenienza anche dei produttori.  I paesi occidentali non si accaparrano il petrolio per loro  stessi escludendo gli altri: semplicemente  cercano di mantenerlo a un prezzo ragionevole: facendo cosi fanno il loro interesse nazionale ma esso pressappoco coincide con quello generale. Quindi preoccuparsi del petrolio è un fatto positivo, interesse generale, non è una cosa di cui bisognerebbe  vergognarsi.

 

Guerre e risorse

Alcuni pero pensano che le guerre siano SEMPRE o almeno nella maggior parte   dovuto alla corsa all’accaparramento delle risorse. Non è affatto vero che le guerre avvengono SOLO  dove vi sono  ricchezze naturali. Per fare qualche esempio negli ultimi anni  facendosi un giro del mondo vediamo quante guerre in paesi  che non hanno  giacimenti  petrolifere o altre risorse importanti  :

guerra civile  nella ex Jugoslavia, genocidio  in Ruanda, 30 anni di lotta per la liberazione dell'Eritrea, 20 anni di lotte interne in Etiopia, guerra civile e dissoluzione della Somalia,  quattro guerre e infinita guerriglia per la Palestina, guerra civile nel  Libano , rivolta Curda in Turchia , 25 anni di guerre ininterrotte in Afganistan, tre  guerre indo pakistrane per il Kashemire, guerriglia Tamil in Ceylon, guerriglia dei moros nelle Filippine, guerre in Viet nam e Cambogia, guerra di Corea , repressione nel Tibet, massacri a Timor est, repressione in Argentina e Cile, guerra  delle Falkland Malvinas, terrorismo basco e  nord irlandese.

Se facessimo una statistica precisa probabilmente troveremmo che i paesi ricchi di materie prima sono meno interessati alle guerre anche e soprattutto perché i paesi industrializzati sono interessati alla loro stabilizzazione. Che in Ruanda  vi sia un genocidio non intacca gli interessi delle nazioni ricche  ma disordini in Iraq minacciano  fonti di approvvigionamento e quindi tutti corrono per spegnere o limitare  i conflitti. 

Si dice comunemente che i governi occidentali  sostengono sanguinose dittature  e appoggiano questo o quel colpo di stato per ragioni economiche . Il che è assolutamente vero. Tuttavia questo non significa affatto che essi sono responsabili di dittature, guerre civili e colpi di stato. In realtà qualunque impresa occidentale preferirebbe sempre operare in paesi democratici stabili, e civili: sarebbe sempre più economico e più facile. ( la insicurezza ha un prezzo molto alto economicamente). Tuttavia molte  materie prime si trovano in paesi  instabili e in guerra continua. Cosa dovrebbero allora fare le imprese   occidentali? Rinunciare alle materie prime, agli affari? Ammesso per  assurdo che le imprese divenissero confraternite religiose e che  rinunciassero agli affari quali conseguenze  positive ne avrebbero quei paesi? Forse finirebbero le guerre  civili, ci sarebbe libertà e sviluppo economico?  Cosa accade in effetti: le holding  occidentali cercano, come è naturale, di accaparrarsi le risorse al minor prezzo possibile e quindi appoggiano e pagano il dittatore di turno  che pretende  una somma minore degli altri.  Per fare un esempio Mobutu per 30 anni ha venduto le ricchezze del Congo agli occidentali e ha messo in tasca lui e i suoi complici il ricavato. Cosa avrebbe dovuto fare una impresa  occidentale? Rinunciare all’affare perché il ricavato non andava  al popolo ma ai dirigenti? E lasciar che un’altra impresa facesse lo stesso affare?  Chi lo potrebbe realisticamente credere!

 

 

Petrolio iracheno

Premessa  qualche precisazione fondamentale quindi vediamo se la tesi che gli USA si siano imbarcati nella guerra in Iraq per  appropriarsi del suo petrolio abbia qualche fondamento. E’ agevole notare che se gli Usa volevano il petrolio iracheno sarebbe bastato togliere l’embargo e comprarlo: sarebbe costato certamente molto meno dell’intervento  militare ( a parte ogni considerazione politica). D’altra parte è ormai da 50 anni che ci si è resi conto che è molto più facile ed soprattutto economico comprare le risorse  dei paesi poveri che  mantenere una costosissima occupazione militare: anche proprio in base a questa considerazione gli europei abbandonarono le colonie praticamente senza resistenza.

Il  colonialismo non ha infatti  portato grandi benefici all’Europa  e non è stato   la base del suo  sviluppo economico, come spesso si dice  E’ una convinzione assolutamente infondata. Sono stati fatti calcoli dagli economisti che hanno dimostrato che in effetti globalmente l’Europa, considerato spese e ricavi non ha guadagnato nulla dalle colonie. Si tratta di calcoli difficili ed opinabili. ma  possiamo invece riflettere su fatti storici evidenti. Molte nazioni  non avevano colonie ed hanno avuto una grande sviluppo economico ( Germania , paesi baltici e soprattutto gli USA) , Il paese più povero dell’Europa occidentale era il Portogallo che aveva le più grandi colonie (in proporzione alla sua popolazione). Quando Francia e Inghilterra ( e Belgio e Olanda ) persero le colonie non per questo entrarono in crisi economiche. Mi sembrano considerazioni assolutamente evidenti

Nessun fondamento quindi che l’intervento americano sia dovuto al desiderio insano di appropriarsi del petrolio iracheno tesi che n realtà non viene sostenuta da nessun commentatore  autorevole ma appare soprattutto un voce  diffusa, una leggenda metropolitana, potremmo dire

 

Gli affari

Altro discorso è invece quello sul Businesss. Molti quando  sentono che vi è  un businesss storcono il naso e cominciano a predicare contro la avidità, contro i ricchi,  contro la mancanza di valori ecc ecc.

Ma il businesss non è una rapina, un appropriarsi del lavoro altrui: è uno scambio che viene concluso perché  viene considerato evidentemente giovevole ad ambedue le parti che lo contraggono. Non solo non c’è quindi niente  di male ma esso invece è alla base della prosperità delle nazioni. Senza businesss noi saremmo ancora  al livello di raccoglitori e cacciatori sempre  in pericolo imminente di  morire di fame. Il businesss non è il male: forse non è il bene in assoluto ma certamente è un bene , è ciò che ci fa  vivere al di sopra del puro livello animale.

Potremmo pensare che gli uomini se non fossero mossi dall’interesse potrebbero scambiarsi i prodotti a un livello più equo e che non ci sarebbero grandi disparità  economiche, vi sarebbe amore ,fratellanza e solidarietà : senza altro credo che sia vero:pero non credo che sia poi realizzabile al di la di ristretti e specifici ambiti che comunque sarebbe auspicabile che fossero  allargati  e diffusi Ma certamente è il businesss la forza principale  del  mondo: non facciamoci pericolose illusioni

 Applichiamo ora il concetto all’Iraq. Non è certamente pensabile che l’esercito americano sia in Iraq solo per il desiderio di  portare la democrazia e la libertà. Vi sono tanti paesi alleati degli USA che ne sono ancora più lontani:  il motivo fondamentale è che  gli USA  credono che   di poter cosi distrugger le basi del terrorismo che costituiscono per  essi una paura  insopportabile.  Che poi l’intervento possa conseguire dei buoni risultati o magari possa invece avere esiti  opposti e disastrosi sarebbe tutto altro discorso che non riguarda più le motivazioni ma gli esiti: molte guerre hanno avuto esiti ben diversi da quelli preventivati anzi possiamo dire in generale che per ogni guerra almeno una della parti (quella soccombente ) ha dovuto subire risultati che non si aspettava ( altrimenti non sarebbe scesa in  guerra)

 Questo non esclude il business. L’Iraq ha bisogno di una ricostruzione: si era pensato che i proventi del petrolio ( fino ad ora sperperati in armamenti e  spese come palazzi  in marmo ) sarebbero stati usati per la ricostruzione che sarebbe poi stata  operata da società Usa ed alleate  che avrebbero   in questo modo fatti un buon business:  affari: non furti. L’Iraq ha effettivamente bisogno di quelle opere che poi gli Occidentali sono in grado fornire e gli Iracheni di pagare. Un affare non è un furto ma un accordo giovevole ad ambedue le parti: gli insurgent hanno fatto fallire il businesss :  conseguenza è che l’ lraq manca di acqua, luce, energia, strade, ospedali ecc. ecc

 

 

Nota conclusiva 

In realtà i motivi dell’intervento Usa in Medio Oriente e soprattutto in Iraq sono molto complessi. Essa è una guerra che nasce in un ambito islamico e va compresa in una ottica islamica. Ma l’occidentale  conosce solo se stesso, ignora tutto dell’Islam: questa guerra gli appare del  tutto incomprensibile perchè applica da essa i parametri di giudizio occidentali. Più facile allora parlare di guerra per la libertà e la democrazia per i sostenitori e guerra per il petrolio per gli oppositori:  sono fatti comprensibili a tutti mentre parlare di Salafismo, di Wahabiti, di sahri’ah è evocare  qualcosa che l’uomo  occidentale non sa e non vuol sapere. Un lettore al quale consigliavo di d guardarsi unpo   il Corano  mi rispose che non l’avrebbe mai fatto tanto le guerre in Medio-Oriente non avevano nulla a che fare con l’Islam ma solo con il petrolio. Che  questa idea fosse insostenibile anche  a un esame superficiale come il nostro non gli era mai venuto in mente  

 

Giovanni De Sio Cesari