Pubblicato in " Appunti " maggio  2012 n 5 ,anno IX                HOME

 

IL  LAVORO IN ITALIA, OGGI

 

Giovanni De Sio Cesari

 

Pare a volte che in Italia si viva ancora nel passato, a volte nel passato remoto: non ci si adegua al nuovo mondo nel quale viviamo (che ci piaccia o meno)

Non siamo nell’era Craxi,quando si contentava tutti facendo  debiti, non siamo più nell’Italia di Piazza Fontana e del 68 che solo gli anziani ricordano, ne tanto meno allo scontro fra fascismo e  comunismo che nemmeno gli anziani più possono ricordare

 Non siamo nemmeno più negli anni 90 del secolo scorso quando l’Occidente era  ancora il centro del mondo

 Noi ora lottiamo perche la nostra economia possa sopravvivere il meno peggio possibile di fronte all’assalto di economie tanto  più agguerrite. 

il problema fondamentale  è che noi non riusciamo a competere con le economie emergenti ( BRICS e non solo) )

 

Nel nostro mondo i  lavoratori Fiat, pure con il contestatissimo e odioso contratto Marchionne restano  dei privilegiati. Per tanti  giovani,  anche con laurea e master,  sarebbe un sogno lavorare “solo” otto ore e avere  addirittura lo straordinario, un mito d’altri tempi. E questi sono  pur sempre dei  fortunati rispetto ad altri  che hanno solo lavori precari e guardano con angoscia al momento in cui quel contratto andrà in scadenza e nessuno sa se sarà rinnovato. E questi ancora sono dei fortunati rispetto a quelli che nemmeno trovano lavori precari o in nero.

Per ora la situazione non esplode perchè c’è il Welfare familiare  ma cosa avverrà quando questo non ci sarà più perchè le vecchie generazioni verranno a mancare ? Entreranno in massa  nella categoria dei  nuovi poveri, mangeranno   alle mense  della Caritas ? Qualcuno si darà fuoco per protesta  ?

In questa tragica situazione  dei nostri giovani parlare di rappresentanza sindacale, di diritti costituzionali, di statuto dei lavoratori è come parlare del sesso degli angeli

 

Questa è la realtà. l’amara realtà ma la consapevolezza di tutto ciò non è diffusa e la colpa viene dato a questo o a quello a chiunque si trovi a gestire una crisi cosi grave e angosciante

Certo possiamo accusare, e a giusta ragione,  le classi dirigenti : ma anche quando imprenditori e dipendenti  non si suicidavano, anche quando le cose andavano alla grande c’erano più o meno gli stessi partiti, la corruzione politica, la mafia l’evasione fiscale. i complotti massonici in combutta con la  Cia e chi ne ha più ne metta.

 Che è successo allora di nuovo perchè la gente ora si suicida?

 Il fatto  essenziale  nuovo mi pare  sia che il lavoro fugge dall’Italia  come fosse la peste: questo è il problema

 

Quando si prospettava la smembramento della FIAT  l’Avvocato ebbe uno scatto di orgoglio: “GLI AGNELLI COSTRUISCONO AUTO”e chiuse ogni discussione: Infatti gli Agnelli sono stati per un secolo la famiglia più importante di Italia: passavano i governi (liberali, fascisti, democristiani, socialisti, Berlusconi e Prodi ) ma loro erano sempre al centro di tutta la classe dirigente politica e non, Quando la FIAT  aveva problemi lo stato glieli risolveva   ( privatizzare i profitti e socializzare le perdite, si diceva  ironicamente) :la Fiat aveva bisogno dell’Italia e viceversa

Ma ora la Fabbrica Italiana Automobili Torino non esiste più: esiste invece una multinazionale guidata da un americano ( per formazione), che prende i capitali dal mercato internazionale,non si sa da chi: forse pure noi, senza saperlo, abbiamo una piccola parte della Fiat per i pochi risparmi che  abbiamo su qualche Conto Arancio.

Marchionne non ha niente a che far con i politici, sindacati, giornalisti ecc ecc italiani, non prende soldi dallo stato ma da anonimi risparmiatori SOLO e SE  fa profitti: e non importa dove

Gli Agnelli potevano ascoltare i sindacati perchè erano  radicati nella politica nazionale mentre  i Marchionne no perchè dipendono dagli investitori  internazionale : questo è il punto 

 

Marchionne guida una impresa che deve fare utili o uscire dal mercato  non una azienda sovvenzionata dallo stato: se la Fiat  fa utili  in Serbia e non in Italia andrà  in Serbia, non per malvagità,  ma semplicemente perchè non ha scelta.: la alternativa sarebbe uscire dal mercato  o vivere di sussidi statali che  ormai non si possono più avere,  come ai tempi belli  dell’Avvocato

  il vero problema è che l’impresa afferma che non può essere competitiva se  il sindacato costituisce un contropotere con il quale si deve contrattare di ogni cosa, ogni volta ,per raggiungere faticosi compromessi

 Significa in pratica la riduzione (o  perdita)  di quelle garanzie faticosamente raggiunte in altri tempi.  E dura, capisco  ma di queste garanzie godono solo un piccola parte dei lavoratori,quelli della grande industria: ad esempio I lavoratori dell’indotto Fiat  non hanno queste garanzie e non sono nemmeno chiamati a votare sui contratti .

 E allora se il prezzo per sopravvivere nel mercato globale fosse “SOLO” questo, allora dovremmo  pagarlo ? o andare a fondo con i nostri giusti e santi principi ?

Io credo che bisogna tener  presente un principio essenziale: non sono i diritti a creare i posti di lavoro  ma al contrario  i posti di lavoro a creare i diritti.