Pubblicato in  Italianotizie  01/08/22  HOME

 

 

Assalto al parlamento iracheno

 

 

 

Giovanni De Sio Cesari

 

Per la seconda volta in pochi giorni il parlamento iracheno a Bagdad è stato occupato da dimostranti: ci sono stati scontri violenti e molti feriti ma in effetti le forze di sicurezza  non hanno opposto una vera resistenza e non sono ricorsi all’uso delle armi e i dimostranti hanno potuto abbattere le barriere della zona verde  create dagli americani 20 anni fa e mai rimosse

 Lo scontro è il  risultato della  impossibilità di formare un governo dopo le elezioni dell’ormai lontano ottobre 2021  che sono a loro volta il risultato della impossibilità del funzionamento di una democrazia di stampo occidentale in quel paese dilaniato dagli  odi delle comunità sciite, sunnite e  curde

In quelle elezioni  il partito che ebbe il maggior numero di eletti fu quello guidato da  Muqtada al-Sadr,  che ottenne 73 seggi su 329:  ma tanto è bastata perchè si proclamassero vincitori e pretendessero di guidare il governo. Si è cercato in questi dieci mesi di arrivare a un governo di coalizione ma senza successo

Per  chiarire i termini occorre delineare il quadro generale. Il problema fondamentale delle difficoltà di funzionamento  della  democrazia è  che ciascuna delle tre comunità vota per propri candidati e ogni tentativo di formare partiti  interconfessionali e interetnici sono sempre sostanzialmente  falliti.

 I Curdi fanno parte in teoria dello stato e ad  essi spetta la presidenza della repubblica, carica per altro più  che altro onorifica ma in pratica hanno una autonomia completa per cui è come se formassero uno stato a parte. Poichè la maggioranza,  circa il 60% degli abitanti, è sciita il governo è  stato  sempre retto da un presidente di quella comunità  emarginando  i sunniti, circa il 20%,  che avevano prima sempre dominato  il paese fino all’intervento americano. Dopo il ritiro nel 2011 degli americani e forze alleate i sunniti si sono sempre piu sentiti emarginati e quindi nel 2015  non opposero resistenza al formarsi del califfato (DAESH) che dalla  Siria si estese  nel  nord del paese abitato  dai sunniti. In seguito il califfato cadde  dopo una lunga e sanguinosissima guerra, abbattuto non dall’esercito iracheno ma da milizie sciite, con l’aiuto di iraniani  e di continui e devastanti  bombardamenti americani. Nel 2019 sembrò che ci fosse una fiammata di rinascita con proteste in tutto il paese sia in ambito sunnita che in quello sciita  contro la divisioni religiosa per formare partiti moderni inter confessionali. Ma le rivolte furono tutte spente nel sangue con migliaia di vittime tra  l’indifferenza generale dell’ Occidente ormai stanco di interventi in questi eterni, incomprensibili conflitti medio orientali

La crisi attuale è però stata scatenata da contrasti interni alla stessa comunità sciita: da una parte vi  sono le forze  politiche che si richiamano all ‘ex presidente Nouri al-Maliki, che ha l’appoggio e l’aiuto dell’Iran sciita  ma contro di esse ora insorge il partito di  Muqtada al-Sadr  che proclama invece  una autonomia completa sia dall’Occidente che dall’Iran

 Muqtada al-Sadr   è il figlio ed erede politico  del grande  ayotollah Mohammed Sadeq al-Sadr ucciso  nel 1999 da Saddam Hussein ma  venerato dalla  comunità sciita come un martire:  il quartiere  di Bagdad abitato da sciiti prende il  nome da lui

Nel 2003  Muqtada al-Sadr   proclamò una guerra santa contro gli americani, si pose come guida al martirio e fondo l’esercito del Madhi (Jaysh al-Mahdi):  Mahdi significa   inviato  e ha un suo posto centrale nella  confessione sciita  perchè essi aspettano il ritorno di al  huseyn, un successore di  Maometto sconfitto e ucciso in battaglia e che tornerà  come Madhi per riportare l’islam alla sua purezza originaria. Malgrado gli sforzi e il desiderio di martirio l’esercito del madhi fu sconfitto continuamente dagli americani A un certo punto  Muqtada al-Sadr  accettò di continuare a fare politica secondo  metodi democratici anche perchè  convinto dal grande ayatollah al Sistani che comunque  gli sciiti avrebbero retto il paese essendo maggioranza, come infatti è accaduto.

  Ora nelle ultime elezioni il suo partito ha avuto il maggior numero di eletti  e quindi egli ritiene di dover presiedere  il nuovo governo  Ma non si è riusciti a trovare un accordo e  allora ha chiesto ai suoi eletti di dimettersi lasciando cosi campo  libero alla fazione contraria. Quando questa era sul punto di formare il governo allora gli attivisti hanno invaso il parlamento  per impedirlo.

 Come si vede le pretese appaiono del tutto infondate: in democrazia non governa il partito che prende  più seggi ma la coalizione che ha più seggi: è pretesa assurda che avendo 73 seggi su 329  debba necessariamente governare

Tutta la situazione si è impanata  e non si vede via di uscita

Il paese  è sempre nel disordine, nella assoluta povertà, mancano servizi basilari, mancano  investimenti  per cui anche le entrate  del petrolio non sono quelle adeguate  per la vetustà degli  impianti

Insomma gli iracheni rimpiangono i tempi di Saddam Hussein in cui mancava la liberta  c’era oppressione e terrore ma almeno i servizi funzionavano

 Poi Saddam ha precipito il paese prima una lunghissima guerra con l’Iran e poi nello scontro fatale con gli Americani